Rosemary, la suora che dà speranza alle donne di Uganda e Sudan

di Davide Pivetti

Un grande incontro con un’eccezionale testimone di pace e di coraggio che approda domani sera in Busa.

Le porte della Casa dei missionari verbiti di Varone (via Venezia 47) alle 20.45 si apriranno per suor Rosemary Nyirumbe, religiosa ugandese in prima linea contro i signori della guerra dell’Africa centrale, nominata «eroe dell’anno» dalla Cnn e inserita nelle lista delle «100 persone più influenti al mondo» dal settimanale «Time».

Suor Rosemary è protagonista del libro «Cucire la speranza. Rosemary Nyirumbe, la donna che ridà dignità alle bambine soldato» (prefazione di Toni Capuozzo, Editrice missionaria italiana).

Una vicenda, quella della religiosa ugandese, che è un grande segno di speranza per l’Africa, spesso rappresentata dai mass media solo come terra di violenze, mentre Rosemary Nyirumbe è la testimone di una società civile che cresce ed è pronta a guidare il continente africano su una strada di autonomia: sono oltre duemila le ragazze che Rosemary (tramite l’educazione e il lavoro) ha «liberato» dall’Lra, il Lord’s Resistence Army, la milizia del sanguinario Joseph Kony che per decenni ha insanguinato il Nord Uganda e il Sud Sudan.

Proveniente da una famiglia cattolica, Rosemary già quindicenne decide di diventare religiosa per dedicarsi ai poveri. Il noto medico missionario Giuseppe Ambrosoli la vuole come prima assistente in sala parto come ostetrica nell’ospedale di Kalongo, nel distretto ugandese del West Nilo. In seguito Rosemary si laurea e prende un master in Etica dello sviluppo all’Università dei Martiri dell’Uganda.

Nel 2001 la svolta: suor Rosemary prende la guida della scuola di Santa Monica, a Gulu, epicentro delle violenze dell’Lra. Incontrando le ragazze che la frequentano, scoperchia il dramma di migliaia di bambine rapite, schiavizzate come oggetti sessuali dai miliziani, brutalizzate per farle diventare a loro volta soldati efferati attraverso omicidi, atti di violenza inaudita come l’assassinio di genitori e fratelli.

Rosemary inizia da lì un lungo e paziente lavoro di accoglienza, recupero, riscatto personale per queste ragazze: le va a cercare nella savana, mette annunci sulle radio locali, fa girare il passaparola: a Santa Monica c’è posto e accoglienza per quante vogliono ricominciare a vivere. A queste ragazze suor Rosemary insegna l’arte di cucire e di cucinare. La professionalità della scuola di Santa Monica diventa un caso in Uganda e non solo: oggi le borse prodotte a Santa Monica vengono vendute in tutto il mondo come pezzi unici di artigianato di alta classe; suor Rosemary fonda la Sister United, azienda per l’esportazione di questi prodotti molto ricercati.

Tutto questo non piace a chi vuole usare le giovani per i propri scopi truci: suor Rosemary viene più volte minacciata e la sua vita è in pericolo. Ma indomita continua la sua pacifica «battaglia» che la fa conoscere, anche grazie all’associazione Pros For Africa che l’avvocato americano Reggie Whitten fonda per aiutarla. Grazie a diversi premi ricevuti la notorietà di suor Rosemary si espande a livello internazionale: viene invitata in diversi Paesi per portare la sua testimonianza, partecipa a diversi talk show negli Usa (come il «The Colbert Report»), incontra più volte l’ex presidente Usa Bill Clinton che ne appoggia l’impegno, la figlia Chelsea le fa visita in Uganda. 

Il coraggio e l’azione di suor Rosemary sono oggetto del documentario «Seewing Hope», trasmesso anche in Italia. Chi vorrà incontrarla dal vivo ora ne ha la possibilità.

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