Jacopo, a soli 20 anni guida i giganti dell'aria

di Claudio Chiarani

«Tu non diventerai mai un pilota, porti gli occhiali». Così la maestra alle elementari rispose a Jacopo Modena, un bel ragazzo che compirà 21 anni il prossimo 23 marzo, quando gli chiese cosa volesse fare da grande. E lui, pronto: «Il pilota d’aereo». Il 1° aprile 2016 Jacopo Modena, figlio di Paola Santoni e Roberto Modena, di Torbole, salirà in cabina di un Boeing 717 per iniziare il corso d’addestramento di due mesi che lo porterà, dapprima come secondo ufficiale, verso la sua carriera di pilota commerciale.

Che dire oggi alla maestra? Ricordarle che un certo Vittorio Alfieri disse «volli, sempre volli, fortissimamente volli?». Ecco, Jacopo Modena ha voluto fortissimamente arrivare al brevetto commerciale, in barba al suo peso alla nascita, poco più di un chilo e mezzo spartito con la gemella Nicole, al parto prematuro a sette mesi, ai problemi alla vista, ai tanti studenti conosciuti all’istituto Francesco Baracca di Forlì, dove è uscito con un bel 100 alla maturità, che lo demoralizzavano perché in Italia, tanto, studiare non serve a nulla. Il lavoro non lo trovi, gli dicevano. Infatti, vedremo dove l’ha già trovato.

Jacopo ha combattuto contro tutto e contro tutti, aiutato da mamma e papà e dalla sua inesauribile passione per il volo, quella che sui banchi dell’asilo gli faceva costruire aeroplanini di carta, quella che costringeva il papà a portarlo a vedere gli arei che decollavano dall’aeroporto di Verona, quella che a tre anni, in occasione di una vacanza in Egitto, «obbligò» il comandante del volo a tenerlo in cabina dell’aereo per la durata del volo.

«È stata dura - ci confida - perché sono stati anni di studio intensi, elementari a Torbole e medie al Gardascuola di Arco, poi il biennio al Floriani di Riva, grazie al quale in seguito sono potuto andare a Forlì per diplomarmi perito aeronautico. In estate lavoravo al Surf Center Lido Blù, poi prima del diploma la scelta della scuola in cui andare per provare a realizzare il mio sogno. Scelta caduta sulla Spagna, Jerez per la precisione, dove in sedici mesi di studio ho potuto ottenere il brevetto». Jacopo è anche provetto sciatore, suona la batteria e, logicamente, un bravo windsurfista. Sport e passioni che per il volo ha un po’ «trascurato».

Il brevetto di pilota privato l’aveva in tasca già a 17 anni, prima della patente. «Ricordo - commenta la mamma - che dovevamo portarlo a Trento per le lezioni, non aveva l’età per guidare la macchina. Ha preso il brevetto di volo prima della patente, se ci penso».

Dai voli con gli aeroplanini di carta, dunque, ai primi voli al Caproni con pilota sui Cessna e poi al volo in ultraleggero nel 2009. «Ho sempre voluto volare - prosegue Jacopo - è una passione che nella nostra famiglia, stranamente, non ha nessuno. Non so, forse galeotta fu la vista della cabina di quell’aereo che, avevo tre anni, ci portò in Egitto. Io stavo ore al simulatore di volo, e ore all’aeroporto Caproni mentre mio papà era a Trento. Se penso che la maestra mi fece tornare a casa in lacrime… ».

È stato un medico di Bassano del Grappa a capire e correggere quello che non andava nella sua vista, anche se di piloti con gli occhiali sono pieni gli aerei di tutto il mondo. Jacopo parla perfettamente l’inglese, la lingua che tutti i piloti d’aereo al mondo devono saper parlare, in Spagna ha imparato e parla altrettanto bene lo spagnolo, il che non guasta visto che sarà un pilota della compagnia privata spagnola Volotea assieme al suo compagno di corso Riccardo Telasi, di Mantova.
«Un’occasione capitata quasi per caso - confida - dopo un colloquio con un pilota conosciuto durante la scuola a Jerez. Il primo aprile inizierò ufficialmente l’abilitazione sul Boeing 717, ma il mio sogno è diventare comandante su rotte intercontinentali».

Cosa che, dopo averlo conosciuto, arriverà certamente in brevissimo tempo. Perché i sogni non costano nulla, è vero (quello di Jacopo, però, potete immaginare quanto sia costato in termini di sacrifici, soprattutto economici), e quando diventano realtà è ancora più bello.

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