Salute / Il caso

In Alta Valsugana (da Piné alla Vigolana, dalla Val dei Mocheni a Levico) un solo dottore per la guardia medica

La situazione dell’assistenza si aggrava: in partenza anche una dottoressa della medicina di base, e non verrà sostituita, il carico di pazienti va sui colleghi che sono già «pieni»

di Luigi Oss Papot

PERGINE. Lo scorso fine settimana, sabato 23 e domenica 24 ottobre (ma pare sia un copione che si ripete già da diverso tempo), quanti si fossero trovati nella necessità di recarsi alla guardia medica di Pergine potrebbero aver avuto qualche problema ad entrare subito in contatto con il medico di guardia: un cartello sulla porta dello studio infatti avvisava che in quelle due giornate «a causa di carenza del personale e insufficiente programmazione da parte dell'Azienda, anziché 2 medici ne sarà presente 1 soltanto. Vi chiediamo perciò di portare pazienza ed attendere il vostro turno».

Un laconico avviso che cela, come ricordato in un'intervista a l'Adige da Marco Ioppi, il presidente dell'Ordine dei medici del Trentino, un allarme inascoltato da anni da parte di chi (Azienda Sanitaria in primis) poco o nulla ha fatto per cercare di non arrivare a questo punto, con l'acqua alla gola.

In più, a Pergine a breve un medico di medicina generale non sarà più disponibile: non andrà in pensione, trattandosi di una giovane dottoressa; ritornerà nella sua regione di provenienza.

Andando per ordine, la guardia medica (mansione che già non attrae molto i medici eventualmente disponibili) che si trova ad operare a Pergine deve coprire un territorio che negli anni è diventato via via sempre più vasto: attualmente, oltre al bacino perginese, si va da Civezzano all'Altopiano di Pinè, passando per la Valle dei Mocheni, la zona dei laghi e la Vigolana.

Un bacino d'utenza di oltre 45 mila persone. Risulta a questo punto quasi superfluo fare due conti, perché se si trova in servizio un solo medico che viene chiamato per di più agli antipodi di questa porzione di territorio, le persone che invece di persona si recano in ambulatorio (a Pergine in via San Pietro) si trovano a dover affrontare un'attesa indefinita, ovviamente lunga ed estenuante.

Per di più, un altro cartello, all'ingresso della struttura, avvisa che per velocizzare le pratiche di visite va chiamato il numero 116117, al quale rilasciare i propri dati ed in questo modo "registrarsi" prima ancora di accedere. Una cosa che, in giugno, quando venne presentato questo numero, non era stata detta.

«Questo è il risultato - spiega Marco Ioppi - dell'assenza di programmazione da parte dell'Azienda, dei continui tagli effettuati nel corso degli anni da parte della politica. Ormai non ci sono più territori indenni da questo fenomeno».

I medici che scelgono la continuità assistenziale, solitamente, sono proiettati poi a diventare medici di base, e quindi appena possono abbandonano la mansione: sono davvero pochi quelli che non hanno questo orizzonte. Ed in più, trattandosi comunque di un lavoro la cui nomea non è delle migliori, fra aggressioni, territori sempre più estesi da coprire e scarsa tutela, è normale che non ci sia la fila per questi impieghi.Inoltre, da fine mese una dottoressa giovane, da poco più di un anno in servizio in città (e con ambulatorio anche a Levico), ritornerà in Veneto: non sarà sostituita, e i suoi assistiti dovranno essere presi in carico dagli altri medici, che sono attualmente 15 (molti con più ambulatori in diversi paesi) ma di questi solo 4 accettano nuovi assistiti, gli altri hanno disponibilità limitata a persone della stessa famiglia.

Anche se formalmente Pergine non si può considerare "zona carente", questo richiederà un carico maggiore ai professionisti già saturi. E molti di loro, a breve, saranno in età da pensione. Un traguardo che, a questo punto ed in queste condizioni, molti non vedono l'ora di raggiungere.

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