Lo spumante nel lago «Una cantina naturale»

Chi passava lungo il lago di Levico l'altra mattina non poteva non vedere il braccio meccanico di una piccola gru della Braido Sub che immergeva nelle acque alcune grandi casse di legno avvolte in gabbie di metallo. Con estrema cura, il braccio meccanico azionato dalla riva calava le gabbie contenenti spumante. Sì, proprio il vino con le bollicine che per un anno dimorerà ad una profondità di 15 metri in attesa di essere «ripescato» per il Natale del 2014

di Luigi Longhi

Chi passava lungo il lago di Levico l'altra mattina non poteva non vedere il braccio meccanico di una piccola gru della Braido Sub che immergeva nelle acque alcune grandi casse di legno avvolte in gabbie di metallo.
Con estrema cura, il braccio meccanico azionato dalla riva calava le gabbie contenenti spumante. Sì, proprio il vino con le bollicine che per un anno dimorerà ad una profondità di 15 metri in attesa di essere «ripescato» per il Natale del 2014.
Dopo il via libera provinciale che autorizzava l'inserimento delle casse sui fondali del lago, l'idea dei fratelli  Giorgio  e  Andrea Romanese , titolari dell'omonima azienda agricola a Levico Terme nonchè produttori di vino e di spumante classico, è diventata realtà.
L'idea-esperimento è venuta loro dopo aver conosciuto l'esperienza di un viticoltore ligure che aveva immerso il suo spumante nel mare ottenendo, a detta degli esperti, un buon risultato.
Duemilasedici bottiglie in casse da 504 bottiglie ciascuna «riposeranno» dunque nel fondale dello specchio lacustre.
Perché una scelta di questo tipo? «Primo perché il lago è una cantina naturale con una temperatura costante di 8-10 gradi tutto l'anno - dice Giorgio Romanese - e la contropressione della colonna d'acqua sulla bottiglia dovrebbe portare lo spumante ad avere un perlage più fine e più persistente».
Accanto a questo, c'è anche un altro aspetto: «Crediamo molto nella necessità di qualificare il prodotto mettendo in evidenza le sue peculiarità. Noi abbiamo un lago che ha ricevuto la "bandiera blu" per la sua pulizia, siamo la terra dello chardonnnay, abbiamo la montagna e vigneti in altura, ed è quindi fondamentale valorizzarli nei prodotti che si fanno, perché così possono vincere la sfida del futuro».
I fratelli Romanese sono produttori di nicchia con le loro 3 mila bottiglie di spumante classico e sono l'esempio di giovani più o meno trentenni che credono nella campagna e nel territorio in cui vivono. Hanno ereditato dal padre l'azienda agricola e hanno iniziato a lavorarci. «Oggi più che mai in un mondo globalizzato i prodotti devono "appartenere" ad un territorio e per questo essere riconosciuti».
Allargando un po' il discorso la Valsugana aveva una tradizione sulla coltivazione dell'uva quando con il passaggio all'Italia la vite venne sostituita dal melo. Solo nel comune di Levico Terme si coltivavano 170 ettari di vigneto.
Una tradizione che Andrea e Giorgio Romanese hanno voluto recuperare con lo spumante chiamato Lagorai. La prima bottiglia venne stappata nel 2011. Attualmente coltivano un ettaro e mezzo di vigna a cui si aggiungono altri 3,5.  «Abbiamo sempre sentito e letto della tradizione vinicola di Levico - raccontano - e allora ci siamo detti perché non provare?». Detto fatto o quasi, ed ecco che dal 1996 si piantano le vigne. La posizione è favorevole, la passione è tanta e i primi riconoscimenti iniziano ad arrivare. Intanto, «riposano» le bottiglie, piccolo tesoro in fondo al lago. Un bell'esempio di imprenditoria giovanile moderna: un occhio alla tradizione e uno al futuro consapevoli che il territorio si difende e si mantiene solo facendo squadra con ognuno che mette a disposizione le proprie migliori qualità.

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