Batterio nel formaggio, nuovo processo per il Caseificio di Coredo, ancora in cura il bambino che rischiò di morire

Il procedimento penale sul caso del formaggio posto sotto sequestro per la presenza di Escherichia coli, un batterio che si trova nel latte crudo, per la terza volta riapproda in Tribunale.

La procura di Trento, infatti, ha emesso un nuovo decreto di citazione a giudizio nei confronti del legale rappresentante del caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi e del casaro responsabile del piano di controllo, Gianluca Fornasari. L’udienza è stata fissata per il 9 aprile.

Il quadro delle accuse non cambia: il rinnovo della citazione nasce da questioni procedurali. Nell’udienza che era stata celebrata nell’autunno 2019 il giudice aveva infatti accolto l’eccezione sollevata dalla difesa dei due imputati, secondo la quale la precedente citazione a giudizio era nulla, dal momento che era stata fatta senza avere proceduto all’interrogatorio richiesto.

Il giudice aveva quindi rimesso gli atti al pm.

La procura aveva dunque rinnovato l’avviso di conclusione delle indagini e, non avendo ricevuto alcuna richiesta di interrogatorio entro i venti giorni, aveva proceduto con la citazione in giudizio. Ma per la difesa degli imputati doveva ritenersi valida la richiesta di interrogatorio fatta ancora prima della seconda citazione. Un’eccezione accolta dal giudice.

Ora, dunque, si torna in aula. Il quadro delle accuse, come detto, non cambia, viene solo formulato in modo più articolato rispetto alle presunte violazioni commesse.

La prima - secondo l’accusa - è quella dell’articolo 5, lettera c della legge 283 del 1962 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande). Biasi, in particolare, perché - secondo la ricostruzione degli inquirenti - nella sua qualità di presidente avrebbe prodotto e immesso nel circuito commerciale prodotti caseari con cariche microbiche superiori ai limiti di legge (Stec e escherichia coli) non prestando la dovuta attenzione alla necessità di richiedere a Trentingrana Concast ispezioni sul campo per la verifica delle condizioni igieniche delle aziende dei conferitori, alla necessità di sottoporre ad analisi il formaggio Due Laghi crudo prodotto con latte crudo per la ricerca di escherichia coli prima della sua immissione in commercio e di verificare il rispetto del periodo di stagionatura minima di 60’ giorni prima della sua immissione in commercio per l’abbattimento della carica batterica.

A Fornasari, invece, viene contestato di avere omesso di richiedere le necessarie analisi per la ricerca di escherichiacoli e di non avere richiesto a Trentingrana Concast di effettuare delle ispezioni volte ad accertare le condizioni igienico sanitarie delle stalle dei conferitori, non provvedendo al ritiro cautelativo del prodotto successivamente all’evento.

La seconda imputazione riguarda invece la presunta omessa ottemperanza a quanto disposto dall’Unità operativa di igiene e sanità pubblica veterinaria di Cles il 30 giugno 2017, con la quale veniva imposto al presidente di fare un richiamo agli allevatori affinché facessero una pulizia e una disinfestazione in fase di mungitura più corretta. Contestazioni, va detto, che i due imputati hanno sempre respinto, sostenendo di avere sempre operato con correttezza.

Parte offesa nel procedimento è Giovanni Battista Maestri, il padre del bambino che era stato male dopo avere mangiato formaggio prodotto con latte crudo (ad oggi ancora in cura). Formaggio che, secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nas, responsabili delle indagini, era stato acquistato presso il caseificio. L’uomo, che si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Paolo Chiariello, auspica che il processo possa finalmente iniziare per fare piena luce sulla vicenda: «Possono utilizzare tutti gli stratagemmi che vogliono, possono fare tutto l’ostruzionismo che vogliono, ma io la verità la conosco e questa verrà certificata - sottolinea - Abbiano il coraggio di discutere il caso in tribunale e non avvalersi di ridicole astuzie per non affrontare il giudizio del giudice».

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