Le Famiglie lasciano il Sait: «Vi siete chiesti il perché?»

di Guido Smadelli

«Esprimiamo la massima solidarietà ai dipendenti che vedono il proprio posto di lavoro a rischio. Ma non accettiamo di essere additati come responsabili dell’attuale crisi che il Sait sta vivendo».
Lo afferma Maurizio Ianes, direttore generale della Famiglia cooperativa Val di Non, durante l’incontro con il nostro giornale promosso dai vertici a seguito degli articoli pubblicati in questi giorni sulla vicenda Sait.

«Lo slogan di Conad è "persone oltre le cose" - introduce il presidente della Famiglia cooperativa, Giorgio Turri, affiancato dal vice Tullio Francisci -. Se si cambia, è per migliorare, noi siamo usciti dal Sait da otto anni, e i fatti ci danno ragione. Ora si lamenta l’eccesso di concorrenza, a Trento arriva Md, arriverà Aldi. Se si guida una impresa, sia pur essa una cooperativa, bisogna saper guardare avanti».
Tanto per chiarire, in Alta Val di Non un punto vendita Md esiste, a distanza di poche centinaia di metri dall’Eurospin che la Famiglia cooperativa ha aperto pochi mesi fa a Sarnonico, e i bilanci della stessa continuano a crescere. «Bisogna saper fare impresa, investire prima che sia troppo tardi - continua Turri - Ora c’è qualche signore che si permette di farci delle prediche. Vengano in Val di Non, a confrontarsi direttamente, noi siamo disposti al dialogo.
La mia storia personale - incalza Turri - mi ha visto partire con un negozio da 300 milioni di fatturato, con due dipendenti. Oggi c’è una realtà con 27 punti vendita, e 100 dipendenti, mai uno che sia stato licenziato. E un bilancio chiuso al 30 settembre, da 21,5 milioni di fatturato, più 12% rispetto all’esercizio precedente. In questo mondo servono fatti, non politica o chiacchiere», conclude Turri.

Poi ci ripensa, qualche sassolino dalla scarpa bisogna toglierselo: «Il professor Borzaga e il consigliere provinciale Giuseppe Detomas nel cda della Federazione hanno rappresentato le cooperative fuori Sait. Noi ci siamo, dialoghiamo, siamo disposti a farlo. Ma quante volte quassù è stato visto qualcuno? A nome della società che dirigo posso dire grazie a Dao, al suo presidente, al cda, alla direzione, al personale, a soci e clienti».

Ringraziamento legato anche ai «numeri»: quando nel 2009 la Famiglia è uscita dal Sait, aveva un bilancio di 13 milioni, ora è a 21,5. «Fossimo rimasti nel Sait saremmo forse falliti», commenta amaro Maurizio Ianes. «Ciò che vorremmo sapere è perché negli articoli apparsi, e nelle dichiarazioni rilasciate, non vi sia nessuno che si pone la domanda sulle ragioni che hanno spinto delle cooperative ad abbandonare il Sait.
Le motivazioni sono mai state analizzate? Sono state cercate o date risposte? Credo che alcuni dirigenti dovrebbero innanzitutto farsi un esame di coscienza.
Non possono dire che la crisi del Sait è colpa nostra che siamo usciti.

Loro non si sono accorti che il mercato stava cambiando? Sono riusciti a dare risposta alla crisi, proponendo anche merci a basso costo? Partiamo da lì. Noi abbiamo aumentato ogni anno, analizzando la realtà ed anticipando i tempi. Piangersi addosso dicendo che c’è troppa concorrenza non serve a niente. A noi dispiace infinitamente per quei dipendenti che vedono il posto di lavoro a rischio. Per loro, e per le loro famiglie. Ma i responsabili della perdita del posto di lavoro non risiedono in Val di Non, né negli altri centri dove le Famiglie cooperative sono passate a Conad. Vanno cercati altrove, dove veniva decisa la gestione del Sait. Dare le colpe ad altri è più facile. Se qui siamo in crescita, è perché abbiamo dato risposte a soci e clienti anche nel momento della crisi, stando nel Sait non sarebbe stato possibile».

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