Onore alla «comare» Emilia Deromedi

di Federica Chini

«Una figura umile e luminosa, generosa e competente, che per più di 50 anni ha fatto nascere i bambini in una società più povera, portando sempre con sé qualcosa da donare alle famiglie bisognose». Il consigliere comunale Fabrizio Leonardi ha elogiato così Emilia Deromedi in Springhetti (1884 - 1960), ostetrica e levatrice, «la comare»,  ricordata ieri con una targa commemorativa sulla casa dove ha vissuto in una breve cerimonia domenica mattina, in presenza dei discendenti e di numerose autorità quali il sindaco Ruggero Mucchi, il senatore Franco Panizza, l’assessora e vicepresidente della Comunità della Val di Non Carmen Noldin ed un gruppo di consiglieri comunali. La targa è stata benedetta da don Renzo Zeni, a seguito della Messa animata dal coro parrocchiale.

Un tributo a lungo desiderato dalla comunità della frazione, per una donna che ha dato un contributo significativo, sia dal punto di vista professionale che umano, alla vita del paese ed è citata in svariate pubblicazioni dedicate alla storia di Mechel. Tanti gli anziani che hanno partecipato alla commemorazione, molti dei quali fatti nascere proprio da Emilia, in un tempo ormai lontano in cui i bimbi venivano al mondo in casa, con tutti i rischi e le difficoltà per le partorienti e per i nascituri.

Emilia nasce quando ancora regna Francesco Giuseppe, figlia di Francesco Deromedi, un ufficiale dell’impero austroungarico, e di Irene Bertolas. Studia per diventare ostetrica ad Innsbruck e si sposa venticinquenne nel 1909 con Giuseppe Springhetti. Dal matrimonio nasce un unico figlio, Vittorio; rimane vedova ancora giovane e si dedica alla sua professione con dedizione ed impegno, assistendo instancabilmente le madri durante il parto giorno e notte per cinque decenni, attraverso due guerre mondiali; si narra che in un anno abbia fatto nascere più di una trentina di bambini. Trascorre gli ultimi anni di vita accudita dalla nuora e dai nipoti.

Leonardi ha ringraziato l’amministrazione comunale per il sostegno, i famigliari della donna e don Fortunato Turrini, autore della targa commemorativa. Le autorità hanno messo in luce l’umiltà e la devozione della levatrice al proprio lavoro ed ai concittadini, un esempio per le generazioni presenti e future. «Emilia entrava nelle case non solo per dare una mano, ma anche per tessere relazioni. Per questo è importante non scordarsi di lei, in una società completamente cambiata dove è sempre più difficile creare legami» ha affermato Noldin. Il primo cittadino ha invece sottolineato l’ostinazione di Mechel nel voler porre la targa commemorativa, un segnale interpretato molto positivamente dall’amministrazione. «Autonomia significa anche la volontà delle singole comunità di tenere vive nella memoria persone come Emilia, che hanno sostenuto e fatto crescere i piccoli paesi» ha infine rilevato il senatore Panizza.

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