Consorzio Porfido, la fine dopo 37 anni di lavoro

Disposta la liquidazione coatta amministrativa

di Giorgia Cardini

Dopo 37 anni, cala il sipario sul Consorzio Cavatori Produttori Porfido Albiano. Ed è un’altra botta almeno psicologica per un settore in profonda crisi, perché il Consorzio - riunendo diverse imprese locali e vendendo all’ingrosso il materiale da loro estratto col marchio certificato Porfido Kern dal Trentino - era riuscito per diversi anni a evitare una guerra dei prezzi tra aziende confinanti oltre a portare il prodotto all’estero.
 
Il Consorzio Cavatori, però, da venerdì scorso è in liquidazione coatta amministrativa, su provvedimento della giunta provinciale. A chiederla il 7 ottobre è stato il presidente Ezio Pisetta, «stante una situazione contabile di difficoltà aggravata dalle conseguenze di un ingente addebito dovuto all’esito di una causa civile conclusa in 1° grado», recita la delibera. La settimana dopo, Pisetta ha inviato in Provincia i conti della società aggiornati al 30 settembre 2016, evidenziando «che nel corso del 2016 sono pervenute alla società diverse comunicazioni di fallimenti, avvii di procedure concorsuali e conclusioni negative di azioni di recupero crediti per circa 170mila euro». Di qui, alla luce anche dell’esposizione debitoria, la giunta provinciale ha disposto la liquidazione, con contestuale nomina del commissario liquidatore, il commercialista roveretano Giacomo Manzana.
 
La liquidazione arriva però al termine di uno stillicidio negativo: già dall’1 gennaio 2015 infatti il Consorzio aveva cessato la propria attività di commercializzazione, licenziando tutti i dipendenti salvo due amministrativi e una commerciale in maternità. E ciò a seguito dell’ennesima contrazione di fatturato. 
 
Al 31 dicembre 2014 (ultimo bilancio depositato), coi soci ridotti a nove, i ricavi da vendite e prestazioni erano calati da 8.160.168 euro a 6.172.410 euro (24% in meno) e l’utile di esercizio era ridotto all’osso, 476 euro. Il totale dei crediti ammontava a 5.032.411 euro ma la nota integrativa al bilancio sottolineava che «nel  bilancio sono state imputate perdite su crediti per euro 786.575, che i soci hanno coperto riducendo i propri crediti per conferimento materiali con l’emissione nel 2015 di note di variazione (un ribasso di prezzi sul materiale conferito, ndr) per 725mila euro». Inoltre: «I crediti verso clienti sono pari a 3.351.336 euro e di questi un importo significativo (1,9 milioni, ndr) è a rischio incasso» perché interessati da «fallimenti, concordati preventivi, liquidazioni coatte, antieconomicità della riscossione e altre pratiche legali».
 
Cifra che veniva definita «preoccupante» anche dal Comitato di controllo sulla gestione composto da Carlo Ricci, Sandro Baldessari e Patrizio Ravanelli il quale, prendendo atto alla data dell’assemblea del 30 aprile 2015 che era già stata interrotta l’attività, auspicava che «la definitiva liquidazione del consorzio» avvenisse come «seguito di una positiva voltura nel neo costituito Consorzio Italiano Porfido del Trentino, per non lasciare il settore del porfido sguarnito di adeguata organizzazione». 
 
Il Consorzio di Trento aveva infatti già iniziato a operare con una base sociale di 14 aziende, di cui 6 già socie del consorzio di Albiano: numero di soci considerato però un anno fa dallo stesso Comitato di controllo «troppo esiguo per garantire una proficua partenza». Si chiude dunque così un cammino iniziato il 12 luglio 1979, quando un gruppo di aziende decise di associarsi per proporsi unitariamente sul mercato e  difendere così i prezzi di vendita. In 25 anni il Consorzio passò da 3 a 22 milioni di fatturato, ma nel 2006 la crisi aveva già morso, riducendo i ricavi a 15,5 milioni, scesi poi costantemente negli anni successivi.

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