Salute / Il caso

Nessuno vuole fornire il pane all’ospedale di Cavalese (c’entrano l’esplosione dei costi ed i capitolati fermi a prima della crisi energetica)

Prima un bando, poi una trattativa privata, l’Azienda Sanitaria offre 2,24 euro al chilo ma le ditte non ci stanno dentro: «le bollette della luce sono triplicate e solo la farina costa 1,20 euro al chilo Iva esclusa»

di Giorgia Cardini

CAVALESE. Mancano tante cose, all'ospedale di Cavalese: mancano infermieri, medici specialisti, chi possa far funzionare a pieno regime un'apparecchiatura costata centinaia di migliaia di euro come la risonanza magnetica. Ma ora, mentre si discute se ristrutturare il vecchio ospedale (spendendo almeno 50 milioni) o se costruirne uno nuovo a Masi (da almeno 130 milioni), rischia di mancare - a pazienti e personale - anche un bene primario, essenziale: il pane fresco.

È andata infatti deserta non solo la procedura aperta per la fornitura di spaccatine, pane ai cereali e pane integrale indetta il 23 luglio 2020 (lotto 5), ma anche la successiva trattativa privata attivata il 20 settembre 2021 dal Dipartimento approvvigionamenti e affari economico finanziari dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari.

Un risultato di cui il direttore della struttura, Luciano Bocchi, ha dovuto prendere atto il 19 gennaio. A occhio, l'offerta economica non sembra così male: base d'asta di 43.800 euro Iva esclusa (14.600 euro l'anno) per un contratto triennale rinnovabile tre volte, con durata di nove anni complessivi.

Ma, andando poi a leggere il capitolato amministrativo, si scopre che il fornitore dovrebbe consegnare in un anno 6.500 kg di pane fresco di cui 5.600 kg di pane all'olio, mediterraneo, spaccatina; 550 di pane multicereale; 300 di pane integrale. Fatti i conti, a un prezzo di realizzo di 2,24 euro al kg più Iva.

Ecco perché la ditta che da anni rifornisce di pane l'ospedale non ha partecipato alla trattativa cui era stata invitata. Si tratta di un'azienda attiva fin dagli anni Ottanta in valle di Fiemme, dove ha una dozzina di dipendenti, otto punti vendita e alcune grandi forniture tra cui una ventina di alberghi e, appunto, l'ospedale. La contitolare (che chiede l'anonimato) racconta: «Sono almeno 15 anni che riforniamo di pane il presidio sanitario, in base a un contratto scaduto già da sei. Non abbiamo mai chiesto l'adeguamento Istat, nonostante potessimo farlo. Ma ora è impossibile, per noi, restare nei prezzi».

Il problema, dichiarato anche all'Apss quando ha chiesto come mai il panificio non si fosse presentato, sta nell'aumento esponenziale dei prezzi della farina e di quelli dell'elettricità: «L'Azienda sanitaria ci darebbe 2,20 euro al kg più Iva, ma in questo momento paghiamo la farina 1,20 euro Iva esclusa».

Aggiungi il costo del personale, l'acqua, la luce e si fa presto ad andare "sotto": «La bolletta arrivata questo mese - continua la contitolare della ditta - è triplicata rispetto allo stesso mese dell'anno scorso: 4.400 euro contro 1.900».

È quello che tutti denunciano, la "tempesta perfetta" del 2022: prezzi delle materie prime (tra cui il grano) aumentate per la scarsa produzione 2021, prezzi dell'energia esplosi. E previsioni fosche: tante aziende a rischio chiusura, se non ci saranno tagli significativi almeno alle fatture di luce e gas. «Non ci stiamo dentro, non possiamo rimetterci per l'ospedale. Siamo andati incontro all'Azienda sanitaria finché abbiamo potuto, ma ora basta. Servirebbero almeno 3 euro al kg per rientrare dai costi vivi, senza guadagnare. Noi non possiamo perdere soldi: abbiamo mutui da pagare, macchinari da far funzionare, personale da mantenere. Eppure ci siamo sentiti dire, di fronte a questo: "Cosa vuole che siano, per lei, 15mila l'euro l'anno?". E noi rispondiamo: "cosa volete che siano, per l'Apss?". Tutti dobbiamo vivere...».

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