Al lavoro all'alba, ma non viene pagato

Le ore di lavoro straordinario? Vanno pagate. Potrebbe sembrare un'ovvietà ma per sancire quello che è ancora un diritto dei lavoratori è dovuto intervenire il giudice del lavoro. Sul piatto in effetti non c'era qualche ora lavorata e non pagata, ma una vera montagna di straordinari: più di mille ore (per la precisione 1.105,3 ore) in cui un caposquadra delle Poste aveva sgobbato, spesso ad ore impossibili prima dell'alba, ma per cui non aveva ricevuto alcun riconoscimento in busta paga. Anzi quando, patrocinato dalla UilPost e difeso dall'avvocato Attilio Carta, ha chiesto il pagamento delle ore prestate e mai pagate, gli hanno risposto che durante quelle centinaia di ore non aveva svolto alcuna prestazione, quasi che presentarsi sul luogo di lavoro alle 5 e 30 fosse un piacevole diversivo per sfuggire alla routine domestica.


Il ricorso era stato presentato da un caposquadra in servizio presso il Centro secondario di distribuzione (Csd) di Cavalese. Questi in sostanza doveva organizzare l'attività dei postini delle valli di Fiemme e Fassa, ma anche far sì che posta e giornali fossero smistati e pronti per la consegna. Per far girare la complessa macchina del recapito occorreva sgobbare e arrivare presto al mattino. Mese dopo mese questo avrebbe portato ad un enorme cumulo di lavoro straordinario non pagato, ma in qualche modo riconosciuto da Poste che mai aveva contestato al dipendente la presenza in servizio al di fuori del proprio orario di lavoro. La verifica degli orari di ingresso e di uscita aveva portato ad un preciso computo delle ore prestate in più e non retribuite: 274 nel 2008, 358 nel 2009, 306 nel 2010, 142 nel 2011 e 35,30 nel 2012.


L'orario di lavoro prevedeva la presenza dalle 7 alle 13 per sei giorni (in seguito dalle 7 alle 14 e 27 per cinque giorni). Il ricorrente però spesso doveva entrare molto prima, tra le 5 e le 5 e 30, per aprire il Csd, accogliere il primo furgone in arrivo e completare la ripartizione della posta. Altre volte invece, coordinandosi con il responsabile del Centro, doveva fermarsi più a lungo del previsto per far fronte ad eventuali problemi sul fronte del recapito. Poste Italiane spa non riconosceva neppure una delle 1.105 ore oggetto del contenzioso: «Al signor (omissis) - era la replica della società - non è mai stato chiesto di anticipare l'orario di inizio o di posticipare quello finale del proprio turno di lavoro, né verbalmente, né formalmente, ad esclusione di pochissime e ben determinate occasioni dettate da straordinarie ed imprevedibili necessità di servizio nelle quali gli è stata corrisposta la relativa retribuzione».


Il giudice Giorgio Flaim in sentenza ricorda che «la prestazione del lavoro straordinario può essere richiesta dal datore di lavoro anche in maniera non esplicita con la creazione di condizioni che lo rendano necessario e con la mancata contestazione una volta che dello stesso sia venuta a conoscenza». Il datore di lavoro riceveva tutte le settimane i dati con le presenze e gli orari di ingresso e di uscita dei singoli dipendenti. «Risulta ampiamente provato - si legge in sentenza - che la società datrice veniva regolarmente a conoscenza dell'abituale svolgimento, da parte del ricorrente, di lavoro straordinario ma, ciò nonostante, non ha mai sollevato contestazioni». Quanto alla tesi che il dipendente entrasse in servizio prima dell'alba senza far nulla, il giudice la ritiene inverosimile sulla base delle testimonianze raccolte. 


Il giudice Flaim ha quindi riconosciuto al dipendente l'intero monte di straordinari: 1.105,3. Rimane da quantificare la cifra che spetta al dipendente, si tratta comunque di parecchie migliaia di euro che certo scalderanno il suo Natale.

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