Migranti / La storia

Dall’inferno sui barconi a Drena: così Yusupha ha ritrovato la felicità

Ha lasciato il Gambia nel 2016, dopo che lo zio lo aggredì con un coltello per questioni di eredità. Partì col fratello, è arrivato da solo. E adesso ha coronato il sogno del permesso di soggiorno

di Elena Piva

DRENA. Ci sono sguardi che, incontrandosi, creano ponti sui quali poter camminare mano nella mano e raggiungere la riva anche quando sembra il punto più lontano. La storia di Yusupha Sambou è la storia di uno sguardo "ponte", còlto e ricambiato dalla comunità di Drena, piccolo cuore pulsante dell'Alto Garda e Ledro che da tempo ha saputo fare della solidarietà socio-culturale il proprio nutrimento.

Grazie alla sinergia che contraddistingue il rapporto tra cittadini ed ente pubblico, e in particolare all'impegno della sindaca Giovanna Chiarani, il giovane ha ottenuto il tanto sognato permesso di soggiorno. Yusupha, 33enne originario del Gambia (fetta di terra dell'Africa occidentale quasi interamente circondata dal Senegal), ha attraversato il Mediterraneo per sfuggire alla brutalità familiare e alla povertà - sebbene la politica gambiana stia tentando di scrollarsi di dosso una pesante tradizione dittatoriale, la condizione economica mette tuttora in ginocchio la popolazione per lo più impiegata nell'agricoltura. «In Gambia ero un calciatore e studiavo», racconta in un video realizzato da Marianna Nardelli in collaborazione con Paola Carisì del gruppo «Integrazione» di Drena e disponibile su Youtube.

Dopo la morte del padre Yusupha divenne il capofamiglia, ruolo che accrebbe le tensioni con lo zio per l'eredità: il 10 dicembre 2016 l'uomo lo aggredì con un coltello. «Avevo paura di lui», aggiunge. Quella stessa notte, salutando la madre e la sorella, chiuse dietro sé la porta di casa e, con il fratello, diede avvio al tortuoso cammino verso la libertà. Un viaggio logorante, descritto in tutto il suo orrore e dolore dal film «Io, Capitano» di Matteo Garrone (candidato agli Oscar). La traversata di Yusupha e il fratello ha toccato Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger e Libia.

Dal Gambia a Drena: ecco come Yusupha ha ritrovato la felicità

Ci sono sguardi che, incontrandosi, creano ponti sui quali poter camminare mano nella mano e raggiungere la riva anche quando sembra il punto più lontano. La storia di Yusupha Sambou è la storia di uno sguardo "ponte", còlto e ricambiato dalla comunità di Drena, piccolo cuore pulsante dell'Alto Garda e Ledro che da tempo ha saputo fare della solidarietà socio-culturale il proprio nutrimento.

Lungo le coste libiche i due vennero bloccati e imprigionati. Dopo mesi di terrore, la possibilità di imbarcarsi. Ciascuno su un gommone differente. Dei tre mezzi di partenza, soltanto uno non raggiunse le coste italiane: quello sul quale viaggiava il fratello. Per molto tempo Yusupha, giunto poi a Napoli, negò alla madre la morte di uno dei suoi figli. Quest'ultima però comprese la ragione di quei silenzi assordanti; morì di crepacuore. Nella città partenopea, il ragazzo cercò comunque di farsi forza.

«Ho lavorato in nero tre anni, senza poter avere il permesso di soggiorno. Ho dormito anche in strada, poi un amico mi ha consigliato di venire in Trentino per studiare l'italiano». L'emergenza pandemica fermò tutto, corso linguistico compreso. Eppure, quella prima fiducia data al nuovo ambiente gli restituì il regalo più grande: un rifugio nello sguardo comprensivo di Lucia Calzà, di Drena, che si offrì di ospitarlo in cambio di lavori nell'orto. «Si affacciò questo ragazzo con la mascherina e in un attimo i suoi occhi mi raggiunsero dentro, erano terrorizzati - racconta lei - ho sempre creduto nella necessità di aprire i nostri cuori al diverso, perché solo quando incontriamo la diversità possiamo fiorire». Gli anni del Covid passano, ma Yusupha è senza lavoro e privo di permesso di soggiorno.

Nel gennaio 2023 arriva il secondo parere negativo dalla Questura. Tramite il gruppo «Integrazione» e l'amministrazione di Drena, la commissione valutativa di Verona ha compreso la situazione: il tanto atteso permesso di soggiorno è ora nelle mani di Yusupha. Può toccarlo. È vero.«Affrontare la burocrazia italiana è un'agonia - aggiunge Lucia - è stato fondamentale il lavoro di squadra messo in campo per lui in questi tre lunghi anni. Ci è parso di assistere a un miracolo: è la prova che solo aiutando questi ragazzi, i quali ci ricordano come era stato per i nostri nonni quando partivano da migranti, diviene è possibile osservare la nascita di un mondo migliore».«Siamo felici di sapere che grazie alla richiesta avanzata da Comune e gruppo Integrazione ha ottenuto il permesso di soggiorno - ha detto la sindaca Chiarani - ringrazio il questore di Trento Maurizio Improta e quanti si sono spesi per integrare Yusupha, ragazzo silenzioso che, sono certa, con il tempo avrà molto da dire sulla sua storia».

«Questo traguardo deve essere un punto d'inizio - ha aggiunto Gabriella Pedrotti, assessora al sociale - auguro a Yusupha di acquisire appieno la sua dignità. Il permesso di soggiorno è un passo essenziale». Oggi Yusupha è un cittadino di Drena a tutti gli effetti, con mente e cuore connessi al Gambia dove vive la sorella. Nelle prime parole italiane che ha imparato, è racchiuso il senso di una vita persa, rincorsa e con grinta riacciuffata: «Ora, qui, io sono felice».

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