Gardolo / Il caso

Paga tardi una rata e ora è sotto sfratto: “Sono uno straniero, non mi affittano casa”

Lo denuncia Ben Sassi, da 20 anni a Trento. Stefano Bleggi, del Centro sociale Bruno, ritiene questo sfratto illegittimo: «Va impugnato. Si tratta di un ritardo di pagamento, non di morosità conclamata. Il nucleo familiare è fragile e vulnerabile»

TRENTO. Lotfi Ben Sassi, 50 anni, tunisino da vent'anni a Trento, operaio a tempo determinato in un'azienda di macelleria, è disperato. In aprile ha ricevuto lo sfratto urgente dall'appartamento in cui vive a Gardolo dal 2018 con un contratto 3 per 2. Il 15 giugno scade l'ultimatum.

«Se fossi solo - spiega - non mi preoccuperei più di tanto. Ma ho una moglie e due figli. Una bambina di sette anni e un bimbo di un anno e mezzo con un'invalidità di terzo grado. Ho saltato una mensilità e alcune scadenze delle spese condominiali. Ma mi ero già detto disponibile a saldare tutto con qualche rata e ho subito provveduto».

Il signor Ben Sassi ha bussato a tutte le porte che ha trovato:
Diocesi, Comune, Provincia, associazioni. Al Centro Sociale Bruno e presso l'Assemblea contro il caro vita ha trovato ascolto e la possibilità, attraverso una conferenza stampa, di raccontare la sua storia: «Ho saltato il pagamento solo della mensilità di ottobre dell'affitto, mentre eravamo in Tunisia con tutta la famiglia, trattenuti da un incidente che ha colpito mia moglie. Siamo tornati a Trento a gennaio e abbiamo poi avuto l'ingiunzione di sfratto».

La vicenda è finita subito in mano agli avvocati. Stefano Bleggi, del Centro sociale Bruno, ritiene questo sfratto illegittimo: «Va impugnato. Si tratta di un ritardo di pagamento, non di morosità conclamata. Il nucleo familiare è fragile e vulnerabile». La storia del signor Ben Sassi, purtroppo, non è un caso isolato: negli ultimi quindici giorni al Bruno sono arrivate ben tre segnalazioni. Di persone che, uscite dai percorsi di accoglienza, hanno provato a stare sul mercato degli affitti e che Covid (per il lavoro) e caro bollette (per le spese correnti) hanno messo in difficoltà.

«Ma non c'è - rileva con sconcerto Bleggi - una rete di sostegno adeguata. Gli affitti a Trento sono alle stelle; pochissimi sono disponibili ad affittare a famiglie di origine extracomunitaria; Itea non costruisce più e le graduatorie per gli stranieri scorrono lentissimamente. Manca un fondo di solidarietà, per venire incontro a chi è in difficoltà per brevi periodi nel sostenere tutte le crescenti spese dell'abitare. In città ci sono almeno 1.500 alloggi sfitti e l'ente pubblico non ha il potere di farli mettere a disposizione».

Ben Sassi racconta di non aver trovato nessuno disposto a affittargli un alloggio, e di essersi imbattuto in pretese di 3.500 euro di cauzione e anticipo da versare subito. Una soluzione, dai servizi sociali comunali, è stata offerta, per il caso emblematico della famiglia Ben Sassi: la divisione del nucleo familiare. Mamma e figli in una struttura di accoglienza temporanea. Ma sembra l'extrema ratio e viene giudicato assurdo gravare sui costi collettivi.

Il Centro sociale Bruno chiede che lo sfratto venga revocato. O, in alternativa, che ci sia un intervento strutturale dell'ente pubblico. Ultimo appello, poi, alla solidarietà dei trentini: magari c'è qualcuno che leggendo questa storia è disponibile ad affittare un suo appartamento libero alla famiglia del signor Lotfi.

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