Fraccaro, deputato trentino e duro e puro dei cinquestelle

di Paolo Ghezzi

Appuntamento fuori palazzo, orario extraparlamentare: «Ci vediamo alla Galleria Sordi, bar centrale, domattina alle 8.30». L'unico deputato pentastellato del Trentino Alto Adige, Riccardo Fraccaro - scelto via web dai grillini di Trento - sceglie il campo neutro per l'incontro con il cronista dell' Adige . E ti verrebbe quasi il sospetto che non voglia farsi vedere con un giornalista, dopo le ripetute fatwe del guru del movimento, quello che sta a Genova Nervi e trasmette nervosi diktat a Roma. E invece è solo il tuo pregiudizio provinciale: il portavoce dei cittadini, cittadino Riccardo Fraccaro, ha l'aria del duro e puro che è (appartiene all'ala ortodossa di M5S), ha una barba scura e talebana alla Fico, ma è persona gentile, disposta a spiegare le proprie ragioni senza alzare i toni. Un deputato senza imbarazzo, che non si sottrae a farsi fotografare davanti al portone di Montecitorio, il palazzo che vuole rivoluzionare.

Il trentatreenne trevisantrentino Fraccaro incarna perfettamente la nuova linea: Grillo resta una stella, ma c'è ormai una classe dirigente «romana» (i 5 del direttorio? «Ottima scelta, meglio ancora se li avesse scelti la base»), che ha imparato le geometrie e le tattiche d'aula e corridoio, e tiene dritta la barra dell'ortodossia («Con Artini abbiamo avuto fin troppa pazienza: quando uno non paga è perché non condivide la linea. Anche se da 100 caliamo a 80, alla Camera, chissenefrega: l'importante è che chi ci crede non si divida in correnti»).
Perché la forza di M5S è solo nella coesione di gente che prima votava per dieci partiti diversi e oggi «occupa» la capitale con una sola missione: accelerare l'agonia della vecchia politica (che ad agonizzare, vedi «Mafia capitale», si aiuta bene da sola).

La sua matrice giuridico-energetica, Fraccaro l'ha già spesa con un progetto per la riduzione dei costi di illuminazione e riscaldamento di quell'enorme macchina che è la Camera, che ogni anno ci fa pagare una bolletta da 6 milioni: 4,8 per l'elettricità, 1 per il gas, quasi 300mila per l'acqua. Più due milioni per le manutenzioni. Il quotidiano più fisicamente vicino a Montecitorio, ma non politicamente vicino ai 5 Stelle, «Il Tempo», gli ha dedicato ieri un articolo elogiativo della sua battaglia «verde», con adesioni trasversali.

All'incipit, Fraccaro a Roma si è sentito catapultato su un pianeta sconosciuto, insieme ad un pattuglione di altri astronauti alle prese con l'ignoto. «Un esordio allucinante - confessa davanti a una spremuta d'arancia da 5 euro e 20, in Galleria Sordi - Dopo il primo mese i nostri attivisti erano arrabbiati perché non mi facevo sentire. Ma stavo semplicemente cercando di capire dov'ero capitato».
Immaginatevi 140 neofiti della politica targati M5S che si trovano dentro una sala, e devono capire tutto subito: dove sono gli uffici, come si costituisce un gruppo, dov'è la macchina del caffè. «E io - prosegue Fraccaro - unico eletto del Trentino Alto Adige, non conoscevo nessuno dei miei colleghi, e subito ci siamo trovati di fronte all'elezione del presidente, alla fiducia al governo Renzi. Abbiamo cominciato a sbattere la testa».
Un altro mondo, ma anche giornate esaltanti, la scoperta del lato eroico della politica, allo stato nascente. Al prode Riccardo, barba ben curata che evoca i guardiani di altre rivoluzioni, ricordare la battaglia per Rodotà al Quirinale strappa un'autentica emozione: «Con il nome di Rodotà abbiamo sfidato gli equilibri internazionali, abbiamo agitato gli americani. Ma è stato il momento più bello della mia vita di attivista civile, stare in piazza con la gente che gridava "Rodotà Rodotà Rodotà". Era davvero ancora la politica delle idee. Proponevamo una svolta radicale, sapevo che il sistema avrebbe cercato di autoconservarsi, ma non pensavo che fosse così sordo ad ogni domanda di cambiamento. Se non c'è un tornaconto politico o personale, o la paura di perdere la faccia sulla scena mediatica - ed è per questo che serve anche il blog di Grillo - non si ottiene mai nulla. Ci accusano di non volere il dialogo, ma sono loro che tirano su i muri».

Fraccaro oggi, dopo 18 mesi di Roma, con due incarichi assai strategici (commissione affari costituzionali e ufficio di presidenza) sa bene di essere dentro il sistema ma sa altrettanto bene che deve starsene, anche psicologicamente, il più possibile lontano. 

Per questo non frequenta, nelle trattorie del cuore politico della capitale, i colleghi dei vecchi, detestati altri partiti, anche se con gli altri trentini ha rapporti normali, pur senza voler giocare nella squadra trasversale dell'autonomia. Al volere smarcarsi, giocando sulle fasce esterne del campo di Montecitorio, forse va attribuito il fatto che il pentastellato è, fra i trentini, il parlamentare che ha scelto di abitare più lontano dal palazzo, sul lungo Tevere, a una mezz'ora di tram. E che, dunque, l'appuntamento al giornalista lo dia alla Galleria Sordi, e non nel transatlantico della Camera, in mezzo al viavai di deputati di oggi, di nostalgici ex di ieri, di portaborse e telecronisti a caccia di battute pepate per fare un titolo che duri qualche ora.

Ma Fraccaro sa che deve portare pazienza: «Il messaggio delle europee è stato chiaro: gli italiani ci hanno detto: non vogliamo rivoluzioni, non vogliamo che voi prendiate in mano subito il Paese, ci spaventa la vostra voglia di cambiare tutto... Allora dovremo convincerli con gradualità». 
Il pentastellato «neoriformista» sa bene che una partita decisiva, per M5S e per l'Italia, sarà la prossima presidenza della Repubblica: «Il presidente è solo un garante se il Parlamento è forte. Ma da Cossiga in poi, di fronte alla debolezza della politica, la sua figura si è caricata di poteri enormi».
Fraccaro confessa un sogno: «Il presidente della Repubblica dev'essere oltre i partiti. Un simbolo: l'altro giorno mi è venuto in mente Nino Di Matteo, pm minacciato dalla mafia: vorrebbe dire che la politica sceglie di non farsi più condizionare dalla parte più marcia di questo Paese».

Fraccaro, che all'ufficio di presidenza di Montecitorio collabora gomito a gomito con Di Maio, il vicepresidente della Camera che è il vero astro nascente degli stellati, parla come un manuale di diritto costituzionale, sa a memoria i poteri del presidente della Repubblica ed è freddamente furioso con Laura Boldrini: «La prassi, alla Camera, è più importante del diritto. Si richiamano antichi precedenti per giustificare violazioni delle regole, come la cosiddetta ghigliottina per tagliare il dibattito. Ma se la prassi è più forte della legge, vuol dire che il tempio della legislazione consacra l'illegalità».
Prima di essere folgorato da M5S, Fraccaro aveva votato due volte: una perfino per Berlusconi, una per la Rosa nel pugno. È il classico deputato post-ideologico: ha benzina (verde) e fuoco stellare per fare parecchia strada.

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