La preistoria del mal di denti. Prima cura 12.000 anni fa

Una scoperta sensazionale, di portata storica, che se confermata - come pare - potrà retrodatare di duemila anni la prima cura dentaria e rappresentare il primo caso di intervento odontoiatrico nella storia dell'uomo. Questa è la novità che ci viene raccontata dallo scheletro del cacciatore preistorico di Valrosna, per bocca del suo scopritore,  Aldo Villabruna , che sarà al  Palazzo delle Miniere di Fiera di Primiero lunedì 18 agosto alle ore 17.30  per una conferenza sul tema

di Manuela Crepaz

dentiUna scoperta sensazionale, di portata storica, che se confermata - come pare - potrà retrodatare di duemila anni la prima cura dentaria e rappresentare il primo caso di intervento odontoiatrico nella storia dell'uomo. Questa è la novità che ci viene raccontata dallo scheletro del cacciatore preistorico di Valrosna, per bocca del suo scopritore, Aldo Villabruna , che sarà al  Palazzo delle Miniere di Fiera di Primiero lunedì 18 agosto alle ore 17.30  per una conferenza sul tema. 
 
Villabruna, da oltre trent'anni punto di riferimento ineludibile per un esteso appassionato nucleo di studiosi e praticanti che con le proprie intuizioni ha spalancato le porte della preistoria e protostoria di montagna, nel 1987, durante i lavori per il riassetto della strada dello Schener che da Fonzaso conduce a Primiero, riconobbe importanti tracce di una possibile presenza antropica fra i materiali di sbancamento di un conoide di deiezione. E non si sbagliava. Infatti, gli scavi scientificamente condotti dagli incaricati dell'Università di Ferrara, portarono alla scoperta dei resti del cosiddetto Cacciatore di Valrosna – dal nome della località del ritrovamento -, sepolto con un vero e proprio corredo funerario e ricoperto di pietre artisticamente decorate, in uno dei tre ripari ora dedicati appunto ad Aldo Villabruna. 
 
Si rinvennero pure numerosi reperti di un'industria litica da attribuirsi cronologicamente al Paleolitico superiore finale, in particolare alla cosiddetta cultura epigravettiana, sviluppatasi tra i 15.000 e i 10.000 anni dal presente. Ancor oggi, il sito epigravettiano di Valrosna è il più importante d'Italia, perché ad ogni piè sospinto regala nuove conoscenze sull'evoluzione umana, e questa legata alle patologie dentarie, al termine delle ricerche, farà parlare di sé riviste nazionali ed internazionali di altissimo valore scientifico come Nature, Science, Journal of Archaeological Science. 
 
Dagli studi recenti si sa che il "nostro" cacciatore proveniva dalla Valle dell'Adige, era pertanto un Trentino ante litteram che seguiva le odierne direttrici venete per giungere durante la bella stagione sui monti ricchi di selvaggina di Primiero; era alto un metro e 68, aveva circa 26 anni (ora ne avrebbe 12.040, secondo la prova al carbonio 14) ed era di conformazione robusta e sano, dal momento che non aveva apparenti malformazioni, anche se finora la causa della morte rimane sconosciuta. Praticamente, un uomo di Cromagnon, Homo Sapiens Sapiens che aveva una particolare cura per il culto dei morti. Mentre il ben più romanzato Uomo di Similaun, poco ha saputo raccontarci al di là di notizie su abbigliamento, corredo di caccia e cibarie, il cacciatore di Valrosna ha fornito prove  di «lacrimevoli»1 esequie funebri partecipate da clan familiari con riti precisi, oltre che utili informazioni su vestimenti, armi e preferenze gastronomiche.
 
Fino a poco tempo fa, si pensava che il cibo, anzi, le carenze vitaminiche e proteiche, fossero la causa dei segni riscontrati sulla teca cranica: niente di più sbagliato, dal momento che la sua dieta era prevalentemente proteica: alimentandosi di stambecchi, camosci, trote e salmerini, le cicatrici sono state causate da un'infezione intestinale di parassiti. 
 
Ciò nonostante, benché i pasti non prevedessero carboidrati,  soffriva di mal di denti causato dalla carie, probabilmente come molti altri suoi conterranei. È noto che le cure dentarie nella preistoria, benché non fossero all'ordine del giorno, si effettuassero già dieci mila anni fa, ma poter retrodatare di ben duemila anni il ricorso a "paleodentisti", apre nuove conoscenze per comprendere se lo sviluppo di alcune patologie diffuse nella società contemporanea siano da attribuire ai cambiamenti alimentari che hanno accompagnato l'uomo dalla fine del Paleolitico superiore ad oggi.
 
Come spiega nella sua relazione il professor  Marco Peresani  dell'Universtà di Ferrara, la formazione cariosa è stata verosimilmente curata manualmente con un rudimentale trapano in pietra, perché si nota molto bene con la scansione al microscopio che c'è stata l'asportazione meccanica della parte malata, che ha lasciato i segni dell'operazione subìta. 
 
La causa della carie sarebbe da attribuirsi al consumo di zuccheri: non è forse un caso che uno dei componenti il corredo funebre fosse un grumo di resina, ocra, cera e propoli. La presenza della cera e del propoli giustificano l'assunzione del miele, mentre il propoli era forse utilizzato per alleviare il mal di denti, come blando anestetico e disinfettante. E un altro aspetto eclatante, da non sottovalutare, è che il primo rinvenimento di questo straordinario prodotto delle api è stato accanto al cacciatore di Valrosna.

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