Coach Buscaglia fa il bilancio di una stagione "fantastica" "Ho diretto un gruppo eccezionale, bravo anche nelle difficoltà"

di Stefano Parolari

Una stagione agonistica a tutto rock. Quello duro. Che piace a coach Maurizio Buscaglia, estimatore della mitica band dei Led Zeppelin. E per gustare quelle note trascinanti seguendo la voce di Robert Plant e i virtuosismi del chitarrista Jimmy Page, l’allenatore dell’anno in serie A ha scelto «Immigration song» da dedicare alla sua squadra, alla sua società, al progetto Aquila, che lo avrà come condottiero anche nella prossima stagione. Su quest’ultima l’allenatore che è si è plasmato nell’ambiente virtussino di Ettore Messina - ma lui studiava all’università e ancora non sapeva di diventare l’eroe di Trento che dalla serie C con lui è finita nella massima serie - non vuole sbilanciarsi.
Ieri, nella sala Agorà del Palatrento, il «Busca» ha voluto solo parlare di una annata da debuttanti assoluti, che il coach umbro nato a Bari ha definito «fantastica».  Aggiungiamo noi da «Stairway to heaven» tanto per rimanere immersi nell’atmosfera dei leggendari rockers inglesi.

Coach, nella leggenda, a questo punto, ci siete anche voi. La migliore matricola, la Dolomiti Energia, degli ultimi 20 anni del basket italiano, perché oltre ai playoff con il 4° posto in stagione regolare e la Final Eight di Coppa avete incasellato i premi di miglior coach con lei, di general manager con Trainotti e di mvp della A con il supersonico Mitchell.
«Ha pagato la filosofia del gruppo. Non voglio che mi dica che mancava una guardia tiratrice, che potevamo fare meglio questo o quello. Io le dico che ho diretto un super gruppo di giocatori, dagli americani ai nostri italiani, e che con Salvatore Trainotti abbiamo vinto la scommessa. Da esordiente con il punto interrogativo siamo arrivati alle porte dell’Europa. Con questi 10 atleti, senza cambiarne mezzo (un record anche questo stagionale, ndr), abbiamo impattato, da esordienti assoluti, con una voglia pazzesca di vincere. Siamo saliti in fiducia in senso esponenziale, abbiamo vinto 100 sfide in questa massima serie in tutti i sensi e dovunque ci giravamo, i momenti di difficoltà li abbiamo superati assieme. Dialogando, pensando sempre di tornare al massimo».

Sassari ha fermato il volo bianconero, una serie sul 3 a 1 per i sardi formato Eurolega. Dal vocabolario buscagliano, quello delle tre promozioni dal 2012 ad oggi, ci piace ricordare «pronti a mettere l’elmetto» e «alzare l’asticella delle prestazioni». Questa serie con quale dizione va celebrata?
«Col “passo dopo passo”. Se ci hanno definito la sorpresa del campionato tra ottobre e novembre, quindi la più bella realtà della A tra il 15 febbraio e maggio con le 10 partite vinte su 12, penso che abbiamo esaltato i valori del nostro lavoro. Abbiamo focalizzato e capito come entrare prima in un campionato per noi tutto nuovo e poi come stare nei playoff. Con sistema e metodo il gruppo è cresciuto, ognuno portando la propria esperienza. Tutti e dieci gli atleti hanno perseguito l’obiettivo della crescita. Un percorso emotivo».

Chi ha fornito emozioni a raffica è stato Tony Mitchell. Lei non vuole dirlo apertamente, ma lui è stato il capolavoro di Trainotti e il plusvalore tecnico-tattico. Magari da croce e delizia. Ammette che a Cantù (batosta micidiale) e a Pistoia (in panchina, punito) Tony «cavallo pazzo», stella dell’All Star game che lei ha diretto, le ha fatto vedere i sorci verdi?
«Questa è stata l’impressione degli altri e dei commentatori, non la mia. Mitchell non è mai stato un problema. Lo staff e il resto della squadra hanno operato per incanalare le sue energie, il suo talento e la sua prorompente personalità. Se altri coach, più esperti e famosi di me, hanno detto che mai in Italia si era vista un’ala piccola di una simile qualità, ritengo che non ci siano altri commenti da fare. Chi, come me e il gruppo e la società, ha conosciuto bene Tony, sa lui è diventato mvp di questa serie A perché ha avuto una vera squadra al suo fianco. Non al suo servizio. Con lui e per lui solo nell’integrazione».

Una Dolomiti Energia dalla personalità che lei ha forgiato ottimamente. In situazioni delicate quali, per esempio, con la Caserta di Esposito all’ultima spiaggia e Bologna all’ultima giornata per mantenere il vantaggio casalingo nei playoff, la personalità di team è stata al massimo, anche negli italiani.
«Momenti chiave interpretati bene. L’unione di intenti perfetta. Toto e gli altri 4 italiani (tutti confermati, solo il capitano deve ancora prolungare il contratto, ndr) hanno vinto la loro sfida personale, con orgoglio, da neo promossi. D’altronde il marchio di fabbrica lo si è visto nei campionati precedenti. Aver ricevuto lodi, tra cui il mio premio, ha aumentato la nostra autostima, ma non ci ha mai sbilanciato nell’obiettivo di salire più in alto possibile. Condivisione, continuità e sacrificio, davanti, fatemelo dire, ad un pubblico meraviglioso».

Coach non ci vuole dire chi terrebbe degli americani e se Mitchell può rimanere a Trento, in Eurocup sicura dopo che in semifinale playoff sono finite Venezia e Reggio Emilia, così che il quarto posto dei trentini li inserisce tra le tre opzioni per il torneo europeo al cento per cento.
«Giocatori come Mitchell sono patrimonio raro, ma oggi ci godiamo la chiusura di un percorso da debuttanti sopra ogni aspettativa. Ci sarà tempo per tratteggiare la prossima stagione».

Chi vincerà lo scudetto?
«Milano è favorita, le altre dovranno fare qualcosa di speciale per batterla».  

Il suo quintetto ideale?
«I miei restano fuori altrimenti è quello il quintetto che scelgo. Allora: Logan (Sassari) play, Michele Vitali (Caserta) guardia, Clark (Cremona) da ala piccola, lunghi White (Bologna) e Peric (Venezia)».

In attesa che il ct Pianigiani convochi Dada Pascolo per gli Europei, che ci dice delle potenzialità dell’Italia (ci sarà anche il preparatore atletico dei trentini Taliento nello staff)?
«Dico che il ct Pianigiani sa fare gruppo. L’ambiente è carico, gli azzurri faranno bene».
Fin dal prossimo ritiro di Folgaria e Pianigiani ha un po’ lo stile del miglior allenatore d’Italia, appunto Buscaglia: il gruppo prima di tutto, senza distinzioni tra assi della Nba e gli altri.

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