Sport / Ciclismo

Vingegaard, varie fratture e contusione polmonare. Polemiche sulla sicurezza dopo la maxi caduta

Tour de France a rischio per il campione danese e per il belga Remco Evenepoel. Il sindacato dei ciclisti francesi annuncia gli Stati generali e critica alcune innovazioni sulle bici, come i freni a disco e i rapporti lunghissimi. Il produttore De Rosa respinge le accuse e addita la mancanza di protezioni sufficienti lungo i percorsi

IL FATTO Paesi Baschi, terribile caduta: Vingegaard portato via in ambulanza

TRENTO. I bollettini medici confermano le conseguenze serie per diversi ciclisti, fra cui diversi big, coinvolti ieri nella paurosa caduta nella quarta tappa del Giro dei Paesi Baschi. E nel frattempo cresce la richiesta di una riflessione sulle misure da introdurre per limitare i rischi agli atleti.

Jonas Vingegaard resterà in ospedale anche per le prossime ore. Il fuoriclasse danese, trasportato ieri in ospedale con l'ossigeno e il collare, "ha sofferto anche di una contusione polmonare e un pneumotorace. È stabile e ha passato una buona notte. Rimane in ospedale", fa sapere il Team Visma|Lease a Bike aggiornando sulle condizioni del due volte vincitore del Tour de France. I primi esami diagnostici di ieri avevano evidenziato "una clavicola fratturata e diverse costole rotte".

La presenza di Vingegaard alla Grande Boucle resta a rischio.

Mancavano 35 chilometri all'arrivo quando, in discesa, durante la tappa da Etxarri Aranatz a Legutio, dopo una curva a destra, per cause non chiare Vingegaard ha perso il controllo della bici finendo fuori strada, contro una canalina della raccolta dell’acqua e una grossa pietra a bordo strada. Nella caduta sono rimasti coinvolti, oltre a Vingegaard, Evenepoel, il leader della corsa Roglic, l'australiano Jay Vine, il belga Quinten Hermans, lo statunitense Sean Quinn e l'eritreo Natnael Tesfatsion.

Roglic, alzatosi da solo, è poi andato via a bordo di un'auto e a chi gli chiedeva delle sue condizioni ha fatto il gesto del pollice all'insù.

Evenepoel ha invece preferito farsi portare in ospedale e ora si attendono indicazioni precise sulle lesioni riportate. Il suo ds alla Soudal Quick Step, Patrick Lefevere, ha sottolineato che "la strada mi è sembrata piuttosto scivolosa e poteva andare molto peggio per Remco, perché c'erano rocce e alberi ovunque. Tenersi la spalla non è mai un buon segno per un ciclista e questo è anche il periodo peggiore per farsi male. Bisognerà aspettare prima il referto medico, e poi si capirà".

Vingegaard (nella foto), rimasto per vari minuti immobile a terra e poi portato via in ambulanza, la sua squadra, la Visma, ha fatto sapere già ieri sera, con un tweet, che «Jonas è cosciente e ora viene sottoposto a controlli in ospedale».

La maxi caduta di ieri è stata l'ultima di una serie che aveva visto fra i protagonisti, una settimana fa durante l'Attraverso le Fiandre, uno dei principali rivali di Van der Poel, il belga Wout Van Aert, che aveva riportato un politrauma fratturandosi diverse costole, la clavicola e lo sterno. Ieri i ha ripreso a camminare, per 4 chilometri, per cercare di capire a che punto sia compromessa la sua stagione.

Mercoledì era toccato al tedesco Lennard Kamna, investito mentre si stava allenando a Tenerife.

Si susseguono in queste ore le prese di posizione sulla sicurezza dei ciclisti.

La serie impressionante di incidenti che nel giro di qualche giorno ha coinvolto tanti corridori, tra cui numerosi campioni, ha convinto il sindacato dei ciclisti francesi ad annunciare gli Stati generali sulla sicurezza, per cercare di ridurre i rischi di chi partecipa alle corse.

"Non possiamo continuare così. Dovremmo aspettare finché non ci sarà un altro morto?", afferma il presidente del sindacato, Pascal Chanteur, un ex professionista che si è fatto promotore dell'iniziativa.

"Coinvolgerò le squadre, che sono dei datori di lavoro e che quindi hanno la responsabilità dei propri dipendenti. La Visma - ricorda - ha perso Vingegaard per qualche settimana, ma poteva accadere due settimane prima del Tour de France. Per loro è una tragedia ma poteva andare anche peggio. Agli Stati generali sulla sicurezza chiederò di fare proposte chiare", aggiunge.

Secondo Chanteur, parte della responsabilità è anche dei produttori di biciclette e di alcune innovazioni che hanno introdotto, come i freni a disco e i rapporti che favoriscono l'alta velocità in discesa.

"Il freno a disco non è un equipaggiamento adatto alle corse su strada - sostiene il sindacalista - perché permette una frenata d'emergenza, brutale, istintiva, che ti fa commettere subito un errore. Inoltre, sono molto affilati e possono ferire gravemente in caso di caduta. Lo stesso vale per i rapporti utilizzati. Oggi mettiamo il 56x10. Vanno a 80 km/h in discesa e quando cadi non hai scampo", conclude Chanteur.

Sul tema del materiale tecnico interviene Cristiano De Rosa, patron della omonima azienda di famiglia leader nel settore: "La cosa principale è mettere in sicurezza i ciclisti". La maxi caduta al giro dei Paesi Baschi ha colpito anche lui e il giorno dopo, nella ricerca delle cause e delle responsabilità dice la sua.

"È vero - osserva - che il ciclismo di oggi è esasperato nella sua declinazione totale ma non è corretto imputare ai costruttori una qualsiasi responsabilità nelle cadute. Premesso che nella vita di un ciclista le cadute ci sono sempre state è impensabile che non ce ne siano più. È un po' come se nel tennis non si rompessero più le corde delle racchette, è impossibile. Oggi le bici sono safe e performanti al tempo stesso.

Ma è anche vero che in un contesto di disattenzione di un paio di atleti, come è accaduto ieri, si verifichino questi incidenti".

Da costruttore di bici da corsa De Rosa ricorda l'evoluzione di questo sport: "Il ciclismo è sempre più veloce, è innegabile che oggi le biciclette siano più leggere ma la sicurezza è sempre al primo posto: abbiamo norme da rispettare, effettuiamo tutti i test ISO, tutte le prove di crash test, fatica, torsione, flessione. Sono un produttore di biciclette molto sensibile alla questione sicurezza, guai se questo non avvenisse.

Rallentare le gare sarebbe un passo indietro, piuttosto è di basilare importanza mettere in sicurezza gli atleti ed i percorsi.

Guardiamo quello che è stato fatto negli sport motoristici, dalla formula uno alle moto: in passato ci sono stati tanti incidenti, anche con conseguenze letali, si sono evolute le vetture ma anche i circuiti sono cambiati per evitarli. Ecco - conclude De Rosa - lo ribadisco, ci vuole una grande attenzione anche nel ciclismo. Ieri, ad esempio, mancavano tutte le protezioni. Poi non si può dare la colpa alla caffeina, alla bici leggera o ai freni a disco che vengono usati all'ultimo momento. Il ciclismo è e sarà sempre lo sport più bello del mondo".

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