Cassani, il Ct dell'Italbici punta su Trentin e Oss

Chi, per ventura, abbia avuto occasione di vedere Doha non avrà dubbi: quel posto non è fatto per il ciclismo. A un caotico centro cittadino fatto di palazzi vetrati che rifrangono ogni singolo raggio del sole potenziandone l’effetto rovente, si contrappone la pietraia desertica attorno alla città. Eppure qui si correranno domenica i primi 150 km di gara, al mondiale di ciclismo 2016. I restanti cento e rotti si faranno in città, riparati dal vento ma alla mercé della rifrazione atmosferica.

Insomma, sarà un mondiale di ciclismo sui generis, quello di Doha. Come spiega nel dettaglio Davide Cassani, il Ct della nazionale azzurra che da lunedì è con la squadra in Qatar.

Cassani, si può correre con quel caldo?

«Certo. Per adesso fa caldo ma si dovrà vedere come sarà domenica. È comunque un caldo che era previsto e da quello che si dice le temperature dovrebbero calare un po’. È un caldo secco, senz’altro più sopportabile. Certo, bisogna considerare che 250 km sono tanti: è sulla distanza che si deve capire quali sono gli effetti della temperatura».

Pare comunque scongiurata definitivamente l’ipotesi di tagli al percorso.

«Sì, penso che gli organizzatori non toccheranno il percorso. Non mi sembra proprio il caso di accorciare: un Mondiale di 150 km non avrebbe alcun senso. Non parliamo poi se dovesse essere tagliato ancora di più».

Ormai siete ai dettagli della preparazione per la gara di domenica. Come stanno andando le ricognizioni?

«Stiamo studiando assieme il percorso. In squadra abbiamo preso due velocisti, Nizzolo e Viviani perché pensiamo che ci siano buone possibilità che si arrivi anche a una volata finale. Ma non è detto che le cose vadano così. Il gruppo potrebbe frazionarsi prima, specie se dovesse esserci molto vento. Anzi, in quel caso diventerebbe una corsa molto dura e sicuramente atipica per quanto riguarda i campionati del mondo.
Per questo dovremo stare molto attenti a qualsiasi evenienza».

C’è da temere anche la prima parte di percorso, quella con pochissime curve che si svolge fuori città?

«Sì perché nei 150 km nel deserto, se dovesse esserci vento, può succedere di tutto. Il gruppo può frazionarsi e allora la tattica diventa molto importante. Abbiamo sempre visto nel Giro del Qatar che le tappe sono tutte tirate e selettive e quindi possiamo dire che non sarà un campionato del mondo facile da interpretare. Ripeto: bisogna stare molto attenti».

Parliamo dei due trentini convocati: Daniel Oss e Matteo Trentin, due corridori con caratteristiche molto differenti...

«Sì. Oss è un uomo di fondo. Uno dei più bravi per fare il lavoro che fa sempre con ottimi risultati in Bmc. Trentin è più duttile, è veloce: le volate le sa fare e le sa anche tirare e in un ipotetico treno sa sempre come muoversi, è un uomo squadra e ci sarà molto utile anche nella parte finale».

Che tipo di finale prevede?

«Se non dovesse esserci vento potrebbero arrivare 100 corridori insieme ma col vento è più probabile che ne arriveranno una ventina. Penso che la corsa potrebbe decidersi con una volata ristretta».

Come è il morale in casa Italia dopo la sfortunata gara olimpica?

«A Rio non avevamo sbagliato nulla, avevamo interpretato perfettamente la corsa con i cinque corridori che si sono comportati in maniera perfetta. Purtroppo c’è stata la caduta. Quello che sto cercando di fare io è di costruire squadre che abbiano un senso. Che si muovano sempre con la possibilità di vincere».

Vittoria che al Mondiale manca da un po’, dal 2008 quando a Varese vinse Ballan.

«Siamo un po’ in credito con la fortuna, quindi speriamo di incassare».

I ragazzi sono cattivi al punto giusto?

«Sono cattivi perché non ci danno tra i favoriti quindi siamo in Qatar per smentire questi pronostici. Poi, è chiaro, ci sono dei velocisti che sulla carta sono più forti di noi e in azzurro non abbiamo uno sprinter come Cipollini. In compenso la squadra è seria e penso che possiamo fare una buona gara».

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