Olimpiadi, tra scandali e ritardi inizia la festa

Pelè ultimo tedoforo fra star e promesse. Stanotte la cerimonia di apertura

Medaglie e scandali, brutture sociali e «beleza» diffusa: quella che comincia oggi a Rio con la cerimonia d'apertura firmata dall'italiano Marco Balich è proprio l'Olimpiade carioca, perfetta metafora di un Paese fatto di eccessi e contraddizioni. Sette anni fa Rio venne scelta a scapito di Chicago, Madrid e Tokyo. Il Paese sembrava destinato ad entrare nel gotha delle economie emergenti. Ora quel boom economico è già finito e si è trasformato in profonda crisi, la peggiore del dopoguerra, sull'onda di scandali che hanno decimato la classe politica: questa è la prima Olimpiade che si svolge in una nazione senza presidente.

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Michel Temer, contestato perfino dagli atleti di casa con scritte sul muro del villaggio subito cancellate, è in carica «ad interim» e si è affrettato a dire che non si candiderà nel 2018: durante la cerimonia di apertura al Maracanà pronuncerà soltanto la frase «dichiaro aperti i Giochi», mentre i suoi tre predecessori, tutti invitati dagli organizzatori, hanno fatto sapere che non verranno.

A Rio, dove ieri il bus che portava in città la nazionale cinese di basket è stato accolto da una sparatoria, a testimonianza che il problema sicurezza non è ancora stato risolto (così come quello del traffico), tanta gente comunque freme per l'avvio di questi Giochi con oltre diecimila atleti, tra donne e uomini, in corsa per l'oro. Ma chi saranno gli eroi dell'Olimpiade più vera (quella del sudore, della gioia per il podio o delle lacrime per la sconfitta)? C'è Usain Bolt che, Gatlin permettendo, corre verso il traguardo di una nuova tripletta dopo quelle di Pechino e Londra: lo farebbe andare persino al di là della leggenda, il più grande di sempre in un mondo iperuraneo tutto suo. E poi: promettono di essere ancora una volta anche i Giochi di Michael Phelps, 22 medaglie di cui 18 d'oro già vinte, tornato in vasca per vivere la gioia di disputare la prima Olimpiade davanti al figlio nato da pochi mesi.

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E ancora, gli atleti russi messi fuori e riammessi, le nazionali di casa di calcio e volley condannate a vincere, i giganti del basket Usa che sembrano ancora una volta invincibili, i tanti nipoti e figli d'arte, sebbene il Dna trasmesso li abbia indirizzati verso discipline diverse da quelle dei consanguinei: valga ad esempio il nipote di nonno Eddy Merckx, che invece di andare in bici gioca ad hockey prato con l'Argentina.Per l'Italia avrebbe potuto essere l'Olimpiade di Gianmarco Tamberi e del salto in alto verso un oro storico, ma sfumato il suo sogno rimane l'obiettivo di 20-25 medaglie che sembra alla portata degli azzurri. E comunque è ancora l'Olimpiade di Federica Pellegrini portabandiera ma soprattutto campionessa, degli azzurri del tiro e della scherma, di Clemente Russo, che insegue l'oro ed è alla quarta partecipazione e un record lo ha quindi già ottenuto.

Intanto oggi al Maracanà sarà l'Olimpiade del samba, con tanti protagonisti del Carnevale che promettono di mandare in delirio il pubblico, pronto ad esaltarsi anche per la rappresentazione della storia del Brasile, e la magia del tropicalismo di Caetano Veloso e Gilberto Gil, «magnifici baiani» prestati ancora una volta a Rio. Non mancherà, ovvio, una passerella per Gisele Bundchen sulle note della «ragazza di Ipanema».

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E non mancherà, ancora più scontato, O Rei Pelè, eterna icona del Brasile nel mondo, che ora cammina col bastone ma si fa forza nel ricordo di Muhammad Ali ad Atlanta. Se ce la farà, sarà lui l'ultimo tedoforo, altrimenti probabilmente toccherà al tennista Gustavo Kuerten, che ieri ha ricoperto il ruolo nell'ultima prova generale. E ci saranno, anzi ci sono già, sorrisi per tutti: perché qui le brutture sociali sono una piaga infinita ma la bellezza del volto che si apre al prossimo è una religione da praticare incondizionatamente. E dunque, visti i tanti problemi, forse i Giochi a Rio non saranno «Toda Joia», ma una bella festa di 15 giorni per partecipanti e spettatori, quella sì è lecito aspettarsela.

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