Salute / Terapie

Al Serd anche la cura con gli elettrodi contro l'abuso di cocaina

Il professor Carlo Miniussi: «La stimolazione elettrica consiste nell'applicazione di correnti elettriche a bassissima intensità. Solo una piccola percentuale di corrente arriva al cervello e riesce a modificare lo stato dei nostri neuroni, li rende più pronti a rispondere»

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di Marica Viganò

TRENTO. Le dipendenze sono paragonabili alle cattive compagnie: ci si allontana solo cambiando strada. Come per le frequentazioni poco raccomandabili così è anche per il cervello: il circuito che non lavora bene va modificato. Dalla teoria alla pratica, dalle parole ai fatti.

A Trento, presso il Serd, la dipendenza da cocaina si cura - anche - con due elettrodi sistemati sul capo (vedi la foto) e la corrente che agisce sui neuroni. Elettroshock? Per nulla. Si tratta di stimolazione elettrica transcranica. La letteratura medica iniziò a parlarne all'inizio del Novecento e un secolo dopo la ricerca continua.

«È come se qualcuno ci suggerisse di stare all'erta. I nostri neuroni, attraverso questa stimolazione, sono più rapidi a rispondere».

Il professor Carlo Miniussi è docente e ricercatore al CIMeC, Centro interdipartimentale mente e cervello dell'Università di Trento. Dalla fine degli anni Novanta si occupa di stimolazione transcranica, conducendo studi sul trattamento con questa metodologia della depressione e dei disturbi cognitivi a seguito di danno cerebrale.

«La stimolazione elettrica consiste nell'applicazione di correnti elettriche a bassissima intensità. Solo una piccola percentuale di corrente arriva al cervello e riesce a modificare lo stato dei nostri neuroni, li rende più pronti a rispondere. Come se qualcuno ci dicesse di stare attenti: con questa stimolazione i neuroni vengono allertati affinché siano rapidi a rispondere. Ma questo non basta, perché quando finisce l'effetto di stimolazione si torna al punto di partenza: è necessario quindi che il cervello allertato svolga compiti precisi per potenziare un nuovo circuito, per cercare una nuova strada. Nella dipendenza da cocaina ci sono circuiti alterati o, meglio, rafforzati da comportamenti che cercano benessere e una costante soddisfazione, derivante dall'abuso di sostanze».

L'obiettivo, dunque, è non solo stimolare, ma anche allenare il cervello a seguire la nuova via?

«La persona con dipendenza è abituata ad adottare un particolare comportamento, segue un circuito che negli anni si è rafforzato ed è difficile da cambiare. Dando una stimolazione elettrica al cervello non si attiva solo il circuito di quel comportamento, ma vengono allertati anche i circuiti alternativi. È a questo punto che interviene lo psichiatra attraverso un counseling individuale: l'ambizione è che con il tempo questi circuiti alternativi, queste strade si rafforzino sempre più e diventino il percorso che il paziente seguirà in futuro».

Dunque c'è un'interazione fra le due terapie, la stimolazione e il professionista...

«In passato veniva effettuata la sola stimolazione, che permetteva di attivare aree molto ampie ma non circuiti corticali alternativi. Se non si allena una parte specifica, però, l'esercizio non serve a nulla. Tutto ha a che fare con i circuiti cerebrali, il comportamento deriva da connessioni di neuroni. Dunque se devo cambiare comportamento è necessario modificare il circuito. Se la persona ha cattivi comportamenti perché è inserita in un contesto non ideale, finché rimarrà in quel contesto sarà difficile un cambiamento; se però modifica le connessioni sociali, se modifica la metodica con il counseling individuale, ha una maggior probabilità di cambiare. Combinando la stimolazione elettrica transcranica al lavoro dello psichiatra si dà più forza a questo intervento di allentamento dalle dipendenze. La corrente al cervello facilita la plasticità corticale, i meccanismi che sottendono la capacità di apprendere. Il nostro cervello da piccoli è molto plastico, con il crescere questa plasticità si riduce ed è per questo che da adulti è più difficile cambiare. Con la stimolazione transcranica la plasticità viene aumentata».

Questa metodologia applicata alla dipendenza da cocaina che percentuale di riuscita ha?

«Si tratta del primo studio con queste caratteristiche nell'ambito della cocaina, ma in letteratura abbiamo a disposizione ricerche che dimostrano risultati potenzialmente interessanti. Da precisare che non c'è al momento certezza che questa metodica funzioni, in quanto sono necessari diversi studi per capire quali siano i vantaggi. Puntiamo anche a capire nella ricerca se ci sia un effetto placebo, anche se dal punto di vista clinico l'importante è che l'obiettivo venga raggiunto, che ci sia o meno placebo».

Lo studio che state effettuando in collaborazione con il Serd di Trento a che punto è?

«I tempi della ricerca sono lunghi. Si è iniziato a discutere con il Servizio per le dipendenze prima del 2021, quando il dottor Pietro Mistretta ci ha proposto una collaborazione, quindi il progetto è stato messo a punto, presentato al comitato etico ed è partito a dicembre 2022. Ad oggi abbiamo un solo paziente sui 60 previsti per completare la ricerca. La prima settimana vengono raccolti i dati e le informazioni sullo stato di salute e sulla dipendenza, e c'è un primo intervento combinato di stimolazione e di counseling individuale, per mezz'ora. Questo avviene ogni giorno per cinque giorni. Ad una settimana intensiva seguono 5 settimane di mantenimento. Lo studio completo dura nove mesi. Vorrei evidenziare che questo servizio innovativo viene offerto da una struttura pubblica. All'estero e in qualche caso in Italia lo stesso metodo viene proposto da strutture private a soggetti che si possono permettere di sostenere costi onerosi, dato che si parla di 100-150 euro a seduta. A Trento siamo partiti con lo studio sulla cocaina grazie all'interessamento del Servizio per le dipendenze, che ha l'ambizione di proporre terapie sempre migliori, ma la stimolazione elettrica transcranica unita al counseling può essere utilizzata anche nella cura della dipendenza dall'alcol o dal gioco d'azzardo».

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