La questione del glisofato Monsanto risarcisce malato

«Il glisofato non è cancerogeno, e non ha causato il cancro del Sig. Johnson». È quanto si legge in una nota diramata dalla Monsanto, multinazionale di biotecnologie agrarie, condannata da un giudice di San Francisco a pagare un risarcimento milionario a favore di un giardiniere che ha denunciato l’azienda affermando che un suo prodotto usato come erbicida ha contribuito a farlo ammalare di un tumore.
«Siamo solidali con il signor Johnson e la sua famiglia - sostiene Monsanto nel comunicato -. La decisione della giuria non cambia il fatto che più di 800 studi e valutazioni scientifiche, incluse quelle dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, dell’Istituto Nazionale della Salute degli Stati Uniti, delle autorità di regolamentazione europee, quali Efsa ed Echa, e di tutto il mondo, hanno confermato che il glifosato non è cancerogeno».

La società, condividendo la posizione del suo vice presidente, Scott Partridge, fa sapere che ricorrerà in appello e che continuerà «a sostenere la sicurezza di questo prodotto che ha una storia di oltre 40 anni di utilizzo» e che è sempre stato ed è «uno strumento fondamentale, efficace e sicuro per gli agricoltori e altri operatori della gestione del verde».


 

In Italia è vietato l’uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da «gruppi vulnerabili» quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche in campagna in pre-raccolta «al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura». Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare gli effetti del decreto del Ministero della Salute in vigore dal 22 agosto del 2016 in riferimento alla condanna in Usa della Monsanto, multinazionale di biotecnologie agrarie, a pagare 289 milioni di dollari a favore di uomo che ha denunciato l’azienda affermando che un suo prodotto usato come erbicida ha contribuito a farlo ammalare di un tumore rivelatosi terminale, in quanto l’azienda non avrebbe adeguatamente avvertito sui rischi nell’utilizzo del prodotto contenente glifosato.

«L’Italia deve porsi all’avanguardia nelle politiche di sicurezza alimentare nell’Unione Europea e fare in modo che - sottolinea la Coldiretti - le misure precauzionali introdotte a livello nazionale riguardino coerentemente anche l’ingresso in Italia di prodotti stranieri trattati con modalità vietate nella Penisola. Si tratta - continua la Coldiretti - di una misura per garantire i primati acquisiti dall’Italia nella sicurezza alimentare ed ambientale confermati dall’ultimo rapporto del Ministero della Salute. Più precisamente - rileva la Coldiretti - sui controlli effettuati sul territorio nazionale su frutta, ortaggi, cereali, olio, vino, baby food e altri prodotti e di origine italiana solo lo 0,4% dei campioni e risultato superiore ai limiti massimi ammessi per residui chimici mentre sui prodotti all’importazione la percentuale di irregolarità sale al 3,2%». L’agricoltura italiana - conclude la Coldiretti - è la più green d’Europa con la maggior percentuale di prodotti agroalimentari in regola per residui chimici irregolari, la leadership nel biologico con 72mila operatori, la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (Ogm), 40mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione, 415 vini Doc/Docg e 295 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario ottenute nel rispetto di precisi disciplinari di produzione.

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