Gestioni associate, sei mesi di «tregua»

di Domenico Sartori

Tempi, condizioni, costi: tre «capitoli» che, per le gestioni associate obbligatorie nei comuni dove sono falliti i progetti di fusione, bocciati con i referendum del 22 maggio, saranno definiti nell'incontro della prossima settimana tra Consorzio dei comuni, assessore agli enti locali, Carlo Daldoss , e sindaci coinvolti, anche quelli dove non s'è tenuto il referendum ma che rientrano in uno degli ambiti previsti per la gestione associata dei servizi. Tre «capitoli» che la giunta provinciale dovrà poi tradurre in apposita delibera.

Uno «slittamento» per legge.
Come è stato chiarito, non si tratta, da parte della Provincia, di concedere una «proroga» o una «deroga», perché è la stessa legge (vedi l'Adige di ieri, ndr) a stabilire che debbano essere fissati nuovi tempi in caso di fallimento delle fusioni. Una necessità, mentre per gli altri comuni vale la tempistica fissata dalla delibera del novembre 2015: entro giugno, la definizione del progetto di riorganizzazione dei nove comparti di servizi da gestire in forma associata; dall'1 agosto l'avvio delle convenzioni di almeno due servizi (tra cui la segreteria); dall'1 gennaio 2017, l'avvio di tutte le altre convenzioni.

Quale sarà la soluzione più realistica? Una soluzione di buon senso, fa intendere il presidente del Consorzio dei Comuni trentini, Paride Gianmoena . «Dobbiamo tenere conto» dice «del dato di partenza, dei tempi fissati dalla delibera, ma considerare però che i comuni dove è fallito il referendum e quelli d'ambito coinvolti devono partire da zero, perché la mancata fusione ha scompigliato tutte le carte».

Servono tempi congrui, quindi. L'ipotesi più realistica è che alla trentina di Comuni interessati venga chiesto di definire un progetto dettagliato di gestione associata entro dicembre, di avviare dall'1 gennaio 2017 almeno due servizi in convenzione e di completare il processo entro il primo luglio successivo. Uno «slittamento» giustificato dalla nuova situazione.

Chiarezza sui costi da tagliare.
Dalla nuova delibera, il Consorzio dei comuni si attende maggiore chiarezza sugli obiettivi di efficientamento.

«È un tema importante» dice Gianmoena «va individuato meglio che cosa si intenda per riduzione dei costi. Va fatto anche per lasciare poi la possibilità ai comuni di impostare una riduzione dei costi che non rientra nel titolo primo del bilancio. Se ad esempio un comune decidere di contenere i costi della biblioteca, perché trova nuove forme di gestione, deve sapere se può imputare o meno la riduzione ai fini dell'efficientamento». Quanto al fatto che le spese correnti sui cui la Provincia ha imposto gli obiettivi di efficientamento, comune per comune, siano «ferme» al 2012, Gianmoena ridimensiona il problema. «Chiaro» dice «che più i dati sono aggiornati, meglio è. Meglio se si arriva al 2014. Ma ogni sindaco sa esattamente quale sia la sua situazione a bilancio».
Per altro, c'è chi dubita che gestione associata implichi in automatico una riduzione dei costi. «Sì, ma attenzione» spiega Gianmoena «garantire risparmio (i famosi 30 milioni di cui i comuni devono farsi carico) non è l'unico presupposto della obbligatorietà delle gestioni associate. Si vuole dare una risposta adeguata al blocco del turn over, garantendo la stessa qualità dei servizi».

Nuovi ambiti, altre fusioni.
La delibera che definirà nuovi termini e nuove condizioni, dovrà modificare anche alcuni ambiti. Castelfondo, ad esempio, dovrà «passare» all'ambito con Cavareno, Malosco, Romeno, Ronzone, Sarnonico, Fondo e Ruffrè-Mendola. Problematico è il caso di Sagron Mis, i cui comuni vicini vanno a fusione e non sono più obbligati alla gestione associata: Sagron Mis dovrebbe quindi definire una gestione associata con i comuni più distanti di Imer, Mezzano e Canal S.Bovo. Sono situazioni particolari che saranno valutate in specifici incontri con la Provincia. Nodo delicato è quello delle nuove fusioni. La legge non le vieta. Il problema è che i comuni interessati, intanto, non sono esonerati dall'obbligo della gestione associata. A complicare il quadro, poi, il caso di comuni interessati alla fusione, come Pozza e Vigo di Fassa, che però sono collocati in ambiti diversi.

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