Piano per non chiudere i punti nascita. Pressing trentino sul governo Renzi

di Lorenzo Basso

Dopo l'iniziale rigidità nei confronti delle regole stabilite per la sopravvivenza dei punti nascita periferici con meno di cinquecento parti all'anno, il Governo di Matteo Renzi sembra intenzionato a valutare alcune deroghe per i territori montani meno popolati. È quanto sostiene il senatore Franco Panizza (Patt), che nella giornata di ieri ha illustrato alla stampa locale il lavoro svolto da una parte della delegazione parlamentare trentina ed altoatesina (rappresentata da esponenti della Svp, del partito autonomista trentino tirolese e del Pd) al fine di arrivare ad un accordo che permetta la sopravvivenza dei servizi sanitari sull'arco alpino. Le eventuali deroghe agli stringenti requisiti previsti nell'accordo tra Stato e Regioni del 2010 sarebbero tuttavia soggette all'elaborazione di un progetto pilota in grado di rendere sostenibile economicamente il mantenimento dei punti nascita. Per questa ragione, i consiglieri del Patt presenteranno un'interrogazione in Consiglio provinciale al fine di conoscere l'andamento delle trattative avviate dall'amministrazione con il Ministero della salute, per avviare un tavolo di confronto con le regioni interessate dal problema e per esortare una collaborazione effettiva a livello di Euro-regione.

L'apertura del Governo, a detta del senatore Panizza, sarebbe ascrivibile ad una presa di coscienza delle esperienze maturate in altri Paesi, quali Germania, Austria e Svizzera, a proposito della permanenza dei punti nascita periferici. «Riducendo il personale medico - ha specificato Panizza - ad un solo anestesista specializzato in neonatologia e a qualche ostetrica, si riuscirebbe a garantire la sopravvivenza di un servizio fortemente richiesto dalla popolazione trentina».  Al contempo, il piano avanzato dal Patt prevederebbe un incentivo allo spostamento dei medici professionisti, che potrebbero così essere chiamati a operare in territori diversi da quelli d'impiego in relazione alla presenza di situazioni cliniche particolari. Diversamente, i casi considerati a rischio oppure critici verrebbero fatti confluire a Trento mediante il trasferimento delle partorienti in elicottero.
La proposta permetterebbe la sopravvivenza dei punti nascita di Cles (dove ogni anno nascono poco meno di cinquecento bambini), di Cavalese (a circa 370 nati all'anno) e di Arco (fermo a quota 400). Poco o nulla, invece, si potrebbe fare per il presidio ospedaliero di Tione, dove le nascite negli anni scorsi non hanno superato le 140 unità.

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