Napolitano: «Mie dimissioni ormai imminenti» E Grillo attacca: «Dovrebbe costituirsi»

Conferma delle dimissioni «imminenti» ma, come è logico che sia, nessun annuncio di una data per la sua uscita dal Quirinale. E poi, ancora una volta, un «endorsement» del lavoro di Matteo Renzi e del suo «coraggio» nel portare avanti le riforme.

A due giorni dal saluto alle Alte cariche dello Stato Giorgio Napolitano si è congedato dagli ambasciatori esteri accreditati in Italia. Lo ha fatto con un discorso che ha toccato tutti i principali temi internazionali e che non ha nascosto  quanto «pesantemente» la crisi stia «affliggendo» il Paese; ma allo stesso tempo il presidente  ha voluto lanciare un messaggio di fiducia da inviare all’estero, con l’auspicio che vengano lasciate da parte quelle che ha definito «rappresentazioni di stampo ipernegativo, se non catastrofiche» dell’Italia.

«La prossima fine di quest’anno 2014 e l’imminente conclusione del mio mandato presidenziale inevitabilmente ci portano a svolgere alcune considerazioni sul periodo complesso e travagliato che stanno attraversando l’Italia, l’Europa e il mondo», ha esordito il presidente parlando al corpo diplomatico riunito nel salone dei Corazzieri per i tradizionali auguri di fine anno. Un saluto particolare: l’ultimo alle feluche estere per il capo dello Stato, che da tempo ha dato chiare indicazioni sul fatto che il suo lavoro sta volgendo al termine. Resta valido tutt’oggi il paletto  da tempo fissato da Napolitano, cioè la sua permanenza al Colle fino alla fine del semestre europeo italiano che - questa è l’interpretazione conforme - si chiuderà formalmente con l’intervento del premier Matteo Renzi a Strasburgo del prossimo 13 dicembre. Poi ogni giorno sarà buono per l’addio.

Ma, al di là di quando e come Napolitano lascerà il Quirinale, il discorso di oggi non si sposta di un millimetro da quanto detto dal presidente nelle ultime settimane: cioè l’indispensabilità delle riforme e la necessità di garantire la legislatura per non perdere l’occasione di sfruttare il dinamismo di Matteo Renzi.

«Sono certo - ha detto il presidente agli ambasciatori - che avrete apprezzato l’ampio e coraggioso sforzo che il governo italiano sta compiendo per eliminare alcuni nodi e correggere taluni mali antichi che hanno negli ultimi decenni frenato lo sviluppo del paese e sbilanciato la struttura stessa della società italiana e del suo sistema politico e rappresentativo. Un’opera difficile e non priva di incognite, quella avviata e portata avanti dal Presidente del Consiglio e dal governo. Ma vi potevano essere delle alternative - si è chiesto retoricamente - per chi, come noi, crede nelle potenzialità di questo paese, nel ruolo che deve rivestire in Europa, negli ideali che vuole portare e nella missione di pace che intende svolgere nel mondo?».

Poi subito un giudizio tutto sommato positivo sulla Commissione europea a guida Juncker che mostra «un profilo più nettamente sovranazionale» e che soprattutto «si pone obbiettivi ambiziosi per rispondere alle sfide comuni in una chiave certamente più »politica« di quelle che l’hanno preceduta». Per questo, ha ricordato Napolitano, «l’Italia ha svolto il suo ruolo» sforzandosi nella sua presidenza di turno «di focalizzare l’attenzione sull’imprescindibile necessità che l’Unione sia nuovamente motore di crescita e di sviluppo, sapendo combinare tale primario obbiettivo con realistiche regole di riequilibrio e disciplina fiscale».

Ma in tema di Quirinale, la giornata ha visto anche il durissimo attacco di Beppe Grillo. «Napolitano non dovrebbe dimettersi ma costituirsi: è responsabile di aver firmato qualsiasi cosa», attacca il leader M5S prima di incontrare i giornalisti stranieri presso la sede della Stampa Estera per promuovere la raccolta di firme dei cinquestelle per la consultazione contro la moneta unita («Abbiamo già raccolto 50mila firme», esulta).

Il messaggio che passa è l’affondo contro Napolitano che gli vale la replica «indignata» dei partiti. «Prima era un comico, ora mette solo tristezza», afferma il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. D’altronde il capo pentastellato ai dem non risparmia frecciate soprattutto in riferimento allo scandalo Mafia capitale: «Voglio leggervi un’intercettazione. Buzzi parlando con Carminati dice: ‘il problema è che Grillo è riuscito a distruggere il Pd’. Vuol dire che il referente loro è un partito che si chiama Partito Democratico». «Se avessimo fatto un’alleanza con il Pd adesso staremmo dentro questa roba qua».
Grillo appare tutt’altro che «stanchino», anzi è proiettato sulla prossima elezione del nuovo capo dello Stato (boccia sonoramente il nome di Romano Prodi) e fa una inattesa apertura alla Lega Nord sulla questione referendum euro.

Il giudizio del leader 5S su Napolitano si trasforma in un processo: gli rimprovera di «aver firmato la legge Fornero, lo scudo fiscale, il lodo Alfano», di aver remato contro il movimento, impedendogli di andare al Governo. «Ha gravissime responsabilità», aggiunge. Eppure rende esplicita l’intenzione di aprire un canale di dialogo con i partiti per indicare il nuovo capo dello Stato: «Il nuovo presidente della Repubblica dovrà essere una persona che non firmi qualsiasi cosa, una persona di buon senso, una persona normale e al di fuori degli schieramenti politici». Il M5S sceglierà il suo candidato con le «quirinarie», il voto online dei militati, ma - ed è questa la sorpresa - è disposto anche a «votare un candidato dei partiti se non appartiene al mondo della politica». «Lo abbiamo già fatto per la Consulta e il Csm», spiega. Romano Prodi? «No, non se ne può più».

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