Onu: stop alla pena di morte in 170 paesi del mondo

Non bisogna vanificare i progressi con battute d’arresto: è questo il senso del messaggio del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte.
Mentre Amnesty International ha lanciato una nuova campagna rivolta a 5 paesi - Bielorussia, Ghana, Iran, Giappone e Malesia - perchè mettano fine alle condizioni di detenzione disumane dei detenuti del braccio della morte, e aboliscano la pena capitale.

Amnesty ha registrato che nel 2017 - ultimo anno per cui sono disponibili dati globali - si sono verificate 993 esecuzioni in 23 paesi, in calo del 4% dal 2016 e del 39% dal 2015. La maggior parte in Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan, anche se i numeri non includono le migliaia di esecuzioni effettuate in Cina, dove i dati sono un segreto di Stato.

«Dalla prima risoluzione dell’Assemblea Generale nel 2007, che chiede una moratoria della pena di morte, ci sono stati progressi significativi. Oggi circa 170 paesi l’hanno abolita o hanno introdotto una moratoria», ha detto Guterres, avvertendo che tuttavia «questo slancio positivo è rovinato dalle battute d’arresto». Il segretario generale ha «elogiato gli sforzi della stragrande maggioranza degli stati membri per porre fine alla pratica, chiedendo a coloro che restano di unirsi a questa maggioranza». Ma si è anche definito «profondamente turbato per il fatto che quest’anno sono stati giustiziati numerosi criminali minorenni in violazione dei trattati pertinenti».
«Centinaia di altri sono stati giustiziati senza poter ricevere assistenza legale - ha aggiunto - e in alcuni paesi le persone vengono condannate a morte senza un giusto processo, aumentando il potenziale di errori o abusi».

L’ultima risoluzione in Assemblea Generale sulla moratoria per chiedere agli stati membri di fermare la mano del boia, nel 2016, è stata approvata con 117 voti a favore, quanti erano stati nel 2014. I ‘sì sono cresciuti negli anni, partendo dai 104 del 2007.

«La pena di morte è sempre inaccettabile e ingiustificata.
L’Italia ha portato la bandiera della campagna globale per la sua abolizione sin dai primi passi compiuti dall’Assemblea Generale negli anni Novanta», ha detto l’ambasciatrice Mariangela Zappia, rappresentante permanente al Palazzo di Vetro. «Siamo orgogliosi dei risultati raggiunti e continuiamo a lavorare in questa direzione», ha aggiunto, ricordando che «il nostro impegno per raggiungere un consenso sempre più ampio su una questione cruciale per il rispetto dei diritti umani nel mondo, è stato riaffermato dal ministro degli Esteri Enzo Moavero durante la settimana ministeriale» in settembre.

In Bangladesh, invece, il governo ha approvato un testo che prevede la pena di morte per i reati di droga, mesi dopo il giro di vite anti-droga che ha portato all’uccisione di centinaia di persone. L’iter per l’approvazione del testo prevede numerose procedure parlamentari, ma diverse Ong per i diritti umani hanno già denunciato uccisioni extragiudiziali e arresti arbitrari.

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