Juncker: «La Ue è in ripresa» Ma Schengen è in discussione

Un anno fa sembrava che l’Unione europea fosse quasi sull’orlo della dissoluzione, ora invece ha «il vento in poppa», il momento giusto per lanciare un ambizioso piano di riforma interna: sarà un discorso improntato all’ottimismo quello che pronuncerà domani il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker davanti alla plenaria del Parlamento europeo.

Forse il più importante tra i vari discorsi sullo stato dell’Unione - appuntamento annuale di settembre - pronunciati dal lussemburghese nel corso degli anni.

Un discorso cui si accompagnerà una corposa serie di pacchetti legislativi e di proposte per cercare di cambiare faccia all’Europa e rispondere alle crisi più urgenti.

Quella del terrorismo ad esempio.

A riguardo, è atteso un adeguamento del codice delle frontiere Schengen per far fronte alle nuove minacce.

Con un meccanismo, tra le varie opzioni, che permetta di introdurre controlli di lunga durata alle frontiere interne, nel caso un Paese si trovi di fronte ad una persistente minaccia terroristica.

Novità sono nell’aria anche sulla riforma dell’Eurozona per la quale si parla della possibile istituzione futura di un ministro delle Finanze europeo, con passi avanti verso un bilancio comune. Saranno poi adottate una serie di proposte per rafforzare la cybersicurezza in Europa e garantire la «libera circolazione dei dati».

Ancora, arriverà il regolamento Ue anti-scorrerie per stoppare lo ‘shopping’ cinese degli asset industriali strategici europei. Sarà affrontato il futuro degli accordi di libero scambio. E non mancherà il tema dei migranti, con un passaggio - con ogni probabilità - sulla necessaria riforma del meccanismo di Dublino.

Soprattutto, Juncker dovrebbe far cadere il riserbo tenuto finora su quali siano le sue preferenze sugli scenari possibili per una riforma anche istituzionale dell’Unione europea.

 A marzo la Commissione aveva pubblicato un Libro bianco con cinque possibili opzioni su come andare avanti dopo l’uscita della Gran Bretagna, dallo scenario più minimalista in cui si mantiene lo status quo e si va avanti così, a accelerazioni via via più spinte sulla strada di una maggiore integrazione.

A Palazzo Berlaymont, sede della Commissione, fiutano l’aria e pensano che ora ci sia l’opportunità per andare nella direzione di ‘più Europà. D’altronde, è il ragionamento, tutte le minacce che l’anno scorso oscuravano il cielo di Bruxelles sembrano essersi diradate.

La Brexit non ha avuto un effetto domino e anzi, le difficoltà del negoziato in corso sembrano aver spaventato molti euroscettici, i partiti anti-Ue non hanno vinto né in Austria né in Olanda e soprattutto non ha vinto Marine Le Pen in Francia.

Questo, insomma, è «il miglior settembre» dall’insediamento della Commissione Juncker, secondo la valutazione che si raccoglie nei corridoi di Bruxelles: «Il vento è cambiato. Ora ce l’abbiamo nelle vele, però bisogna decidere cosa fare con questo vento».

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