Egeo, annegati 45 profughi Per lo più donne e bambini

Non si fermano le stragi di migranti nell'Egeo. Almeno 45 persone sono morte, tra cui 20 bambini e 17 donne, inghiottite nella notte di giovedì nelle gelide acque in tempesta tra Grecia e Turchia.
Ennesimi naufragi a meno di 24 ore da quello in cui erano annegate altre 12 persone dirette all'isola di Lesbo. Un inizio d'anno tragico per i migranti nel mar Egeo, messi ancor più a rischio dalle condizioni del mare spesso proibitive. Solo nelle prime 3 settimane del 2016 si contano già oltre cento morti.

Un primo naufragio è avvenuto davanti all'isola greca di Farmakonissi, nell'Egeo meridionale. Otto i corpi recuperati, tra cui quelli di 6 bambini. Passa appena qualche ora e arriva la segnalazione di un altro barcone rovesciatosi poco più a sud. Nei pressi dell'isola di Kalolimnos vengono ripescati altri 34 corpi, tra cui 11 bimbi. In totale le persone soccorse dalla Guardia costiera greca sono 74. Ma le operazioni di soccorso in mare, supportate da un elicottero dell'agenzia Ue Frontex, non si arrestano. Decine di persone mancherebbero ancora all'appello.

Nel corso della mattina un altro terribile ritrovamento, stavolta nei pressi della località costiera turca di Dydyma. La zona è sempre la stessa, l'Egeo meridionale. La Guardia costiera di Ankara recupera i corpi di tre bambini, annegati in quello che per le autorità locali sarebbe un terzo naufragio. Le ricerche in mare proseguono, col forte timore che le correnti portino alla luce altri morti nelle prossime ore. Ad aggravare il bilancio, oltre al freddo e alle acque agitate, sarebbe stata anche l'assenza di adeguati strumenti di primo soccorso.

Come dimostra il sequestro ieri in Turchia di 2.500 giubbotti salvagente insicuri, destinati a essere venduti ai migranti per pochi euro ma inutili una volta in balìa delle onde. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), i morti nell'Egeo in appena una ventina di giorni del 2016 sono almeno 113, con 37mila persone già sbarcate in Grecia.

I flussi di disperati verso l'Europa non si fermano neppure sulla rotta del Mediterraneo occidentale.

All'alba 968 migranti sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia in 8 operazioni coordinate dalla Guardia costiera italiana. Tutti viaggiavano in gommoni in difficoltà al largo della Libia, da cui hanno chiesto aiuto tramite telefoni satellitari. A bordo di uno dei natanti è stato trovato anche un cadavere. «L'Europa ha fallito se i bambini continuano a morire di fronte alle coste del Vecchio continente, perché non è stato garantito loro un passaggio sicuro e legale, costringendoli a viaggi pieni di pericoli», denuncia Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Fra i Paesi Ue, intanto, c'è polemica sulla chiusura delle frontiere e scatta un conto alla rovescia per salvare Schengen.

Lunedì, alla riunione dei ministri dell'Interno Ue ad Amsterdam, sarà un argomento di discussione nel corso del pranzo, quando la Commissione informerà che per Paesi come Austria e Germania - nel quadro del codice dell'area di libera circolazione - l'unica possibilità per continuare ad effettuare i controlli alle frontiere interne sarà, da maggio, il ricorso all'articolo 26, che prevede la reintroduzione dei controlli fino ad un massimo di due anni. Lo spiegano fonti Ue precisando che da metà maggio i due Paesi avranno esaurito il tempo a disposizione per il ripristino dei controlli temporanei.

«Nessuno sta parlando di sospendere Schengen» in modo generalizzato, sottolinea la portavoce della Commissione Ue, Bertaud, ma di prevedere la possibilità di ripristinare i controlli per uno o più Paesi per i quali il flusso eccezionale di migranti costituisca una minaccia per la sicurezza interna.
Italia, Germania e Francia ribadiscono il loro fermo no alla messa in discussione del trattato. «Dobbiamo essere i più forti a richiamare il valore dell'Unione europea. Noi siamo per rafforzare i controlli, ma senza sospendere l'accordo di libera circolazione», avverte Renzi, che aggiunge: «Si sta mettendo in discussione un simbolo. Chi dice "Chiudiamo Schengen" lo dice perché ha paura, noi dobbiamo essere capaci di avere una politica di immigrazione vera, si salvano le vite e si lavora con la cooperazione internazionale».

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