Profughi, proposta Ue: 22 mila via dall'Italia

Sono 22 mila i profughi oggi presenti nelle strutture di accoglienza in Italia che dovranno essere redistribuiti negli altri Paesi Ue, secondo la proposta di lavoro messa a punto dalla commissione europea e che ora sarà sottoposta ai governi nazionali per l'approvazione definitiva. Nel complesso sono 40 mila le persone fuggite dai conflitti per le quali si prevede un trasferimento dai Paesi maggiormente toccati dagli arrivi: oltre alle 22 mila fra quelle presenti in Italia, 18 mila lasceranno la Grecia.

Dunque, se gli Stati accoglieranno questo progetto, l'Italia registrerebbe un alleggerimento singificativo rispetto all'ipotesi paventata dieci giorni fa dall’alto commissario per la politica estera Ue, Federica Mogherini. Va peraltro sottolineato che sulla redistribuzione delle quote di profughi cui si affianca l'altro canale dell'accoglienza di richiedenti asilo (entrambe categorie protette da trattati internazionali), è già in corso un nuovo round del bisticcio continuo tra i Paesi Ue, che dopo aver contribuito a rinfocolare i conflitti, specie in Libia, oggi mostrano una scarsa propensione alla solidarietà e alla elaborazione di un programma geopolitico comune per affrontare l'emergeneza profughi e soprattutto le cause di un esodo disperato che si rivolge, in realtà, sopratuttto ai Paesi asiatici e africani più vicini alle guerre da cui fuggono le popolazioni.

Con riferimento specificamente ai diritti dei richiedenti asilo politico, la Ue conferma l'intenzione a sperimentare un canale nuovo, vale a dire la registrazione delle domande (si parla di un tetto a 20 mila per il 2015) in centri allestiti in territorio extraeuropeo, mentre resta aperto il capitolo della eventuale revisione delle regole in materia, previste dal controverso Regolamento europeo di Dublino II, da molti ritenuto troppo restrittivo e in sostanza potenzialmente lesivo dei diritti umani.

Un altro fronte che rimane aperto è infine quello della repressione in mare, che rimane tutto da chiarire, specie in relazione al cosiddetto «bombardamento» con droni dei barconi degli scafisti in Libia. Ciò a molti osservatori è parso, più che un piano di intervento realmente attuabile, un intento propagandistico per rispondere all'onda di populismo xenofobo in Europa. Colpire in modo mirato le imbarcazioni usate dai trafficanti di esseri umani, per i viaggi dei disperati, sarebbe molto complicato, con un elevato rischio di distruggere altre barche, in particolare quelle dei pescatori. Inoltre, entrambi i governi oggi presenti in Libia hanno affermato che un eventuale bombardamento sarebbe considerato un atto ositle.

Sullo sfondo, prosegue il dramma di chi scappa dalle guerre o dalle persecuzioni dei terroristi islamici dell'Isis. Un dramma che spesso si trasforma in tragedia, con molte vite che si spengono nel Mediterraneo.

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