Nella manovra del governo, stop ai congedi per i papà

Una manovra maschilista, nata da un governo poco attento alle problematiche femminili. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, torna in rotta di collisione con l’esecutivo, accusato di non favorire l’uguaglianza tra generi, ma anzi di penalizzare l’accesso al lavoro delle donne e di colpire in qualche modo anche gli uomini, facendo saltare il congedo di paternità, faticosamente arrivato negli ultimi anni fino ad un massimo 5 giorni.

Chiamato ad intervenire ad un convegno dedicato proprio all’universo femminile, Boeri ha denunciato «un segnale di maschilismo» in una legge di bilancio che mantiene le differenze di età nell’accesso alle pensioni per uomini e donne. Favorire l’accesso delle donne al sistema pensionistico rischia infatti di trasformarsi in «una trappola» per le donne.

L’uguaglianza di opportunità si può realizzare «nel momento in cui ci sarà maggiore presenza delle donne sul lavoro - ha spiegato - e invece in Italia si continua a ragionare su questi aspetti promuovendo semmai la partecipazione delle donne al “non” lavoro». Allo stesso tempo, senza una proroga ad hoc, finora sempre presente con un finanziamento specifico nelle ultime leggi di bilancio, salterà il congedo “lungo” di paternità «uno strumento molto importante per promuovere un’uguaglianza di opportunità», ha insistito.

Le parole del presidente dell’Inps sono arrivate proprio mentre il Movimento 5 Stelle annunciava la proroga di «opzione donna», norma in realtà non riportata nel testo della manovra.

Il cantiere pensioni resta infatti ancora aperto, in attesa dell’iter parlamentare della legge. Tra le opzioni al vaglio dei tecnici su quota 100 c’è ad esempio quella di una finestra i dipendenti pubblici che, per garantire la continuità amministrativa, il ministero della Pubblica Amministrazione vorrebbe di un anno ma che potrebbe ridursi in realtà a 9 mesi (ferma restando la finestra di un anno per la scuola).

Confermate invece 4 finestre mobili per i lavoratori privati che maturino i requisiti di 62 anni di età e 38 di contributi. Tra le conferme anche l’introduzione della «pace contributiva», per consentire di coprire i «buchi». A pagare potranno essere anche genitori o nonni vedendosi garantito comunque, anche se il familiare non è fiscalmente a carico, la detrazione al 19% delle somme versate.

Nuove grane per il governo emergono peraltro sul fronte del decreto fiscale. A tornare a galla è il rischio, già paventato dalla Corte dei Conti, di scudo sul carcere per la dichiarazione fraudolenta con fatture false. I dubbi arrivano dal Servizio bilancio di Camera e Senato che esprimono perplessità anche sulle stime di gettito della rottamazione ter e sulla effettiva capacità dei ministeri di operare in due mesi i tagli previsti da quasi 600 milioni.

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