Trump è a Roma: incontrerà papa Francesco e Mattarella

Il presidente americano Donald Trump è giunto a Roma sull'Air Force One, atterrato sulla pista 3 di Fiumicino verso le 18. 

Trump dopo aver trascorso la notte a Villa Taverna, nella residenza dell’ambasciatore americano, alle 8.15 di domani sarà ricevuto dal Papa, nel loro primo, attesissimo, faccia a faccia.

In Vaticano Trump vedrà anche il segretario di Stato Pietro Parolin e Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. In seguito, intorno alle 10, il presidente americano si concederà un momento di relax visitando la Cappella Sistina e la Basilica di San Pietro, insieme con la moglie Melania.

Poi la coppia presidenziale si separerà. Trump, alle 11.15, è atteso al Quirinale per una prima presa di contatto con Sergio Mattarella, con cui è previsto che si intratterrà per una quarantina di minuti. Sarà accompagnato dal segretario di Stato Rex Tillerson. Per l’Italia sarà presente il ministro degli Esteri Angelino Alfano. Mattarella e Trump avranno modo di rivedersi due giorni dopo, a Taormina, in occasione del G7.

Successivamente Trump rientrerà a Villa Taverna, dove alle 12.25 incontrerà il premier Paolo Gentiloni. Si tratta del secondo faccia a faccia dopo quello dello scorso 20 aprile a Washington, che avrà ancora più rilevanza proprio in vista del G7 siciliano.

Alle 13.20, Trump e Melania partiranno per l’aeroporto di Fiumicino e mezz’ora dopo l’Air Force One si alzerà in volo in direzione di Bruxelles.

La figlia Ivanka, invece, potrebbe trattenersi a Roma e incontrare a Palazzo Chigi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, ma il programma è ancora da definire.

In prgramma dunque mezz'ora di colloquio al Quirinale per una prima presa di contatto tra Donald Trump e Sergio Mattarella. Una visita di cortesia quella che si svolgerà mercoledì mattina al Colle. Un atto dovuto per il passaggio a Roma del neopresidente americano che sarà mediaticamente dominato dall'incontro con papa Bergoglio in Vaticano.

Ma che al Quirinale si sta preparando con attenzione mista a curiosità, nel tentativo di comprendere la complessa ricetta base del "trumpismo".

Meno misterioso apparirà The Donald al premier Paolo Gentiloni che ha già avuto modo di conoscerlo lo scorso 20 aprile nel corso di una visita a Washington.

Questa volta l'incontro, che dovrebbe essere tutto in chiave G7, avverrà a villa Taverna, residenza dell'ambasciatore americano in Italia.

Programma alternativo invece per le "First Ladies", la moglie Melania e la figlia Ivanka, che dopo il Vaticano visiteranno due luoghi simboli del cattolicesimo italiano: Melania avrà modo di conoscere l'eccellenza dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù mentre Ivanka sarà ospite a Trastevere della comunità di Sant'Egidio, nota per le sue posizioni di apertura e per le capacità diplomatiche dimostrate alla ricerca della pace.

Al Quirinale Trump sarà accompagnato dal segretario di Stato Rex Tillerson.

Per l'Italia sarà presente il ministro degli esteri Angelino Alfano.

Ma Mattarella e Trump avranno modo di rivedersi solo due giorni dopo, a Taormina. Il presidente della Repubblica ospiterà Trump e gli altri leader del G7 venerdì sera per una cena "panoramica" in un noto albergo della località turistica siciliana.


Poche ore prima Trump era stato in visita in Israele.

Senza parlare mai di 2 Stati, nè del trasloco tanto promesso dell’ambasciata Usa a Gerusalemme, Donald Trump, nelle 27 ore passate nella regione, non ha mai rinunciato a spandere ottimismo. «Raggiungere la pace - ha sottolineato oggi nel discorso al Museo di Israele con cui ha chiuso la seconda tappa della sua prima missione internazionale - non sarà facile.

Ma con la determinazione ad un compromesso e la fiducia, la pace è possibile». Un accordo, ha spiegato, che funzionerebbe da volano per «un processo di pace nell’intero Medio Oriente». «L’America è qui per rendere questo sogno possibile per i giovani ebrei, musulmani e cristiani», ha incalzato. «Israeliani e palestinesi - l’appello finale - possono trovare un accordo».

Un invito da cui, almeno a parole, non si sono tirati indietro nè il premier Benyamin Netanyahu nè il presidente palestinese Abu Mazen, descritti entrambi da Trump come «intenzionati a volere la pace».

E il presidente palestinese - come ieri aveva fatto Netanyahu - non ha avuto difficoltà ad ammettere, incontrando Trump a Betlemme, che la sua visita ha «dato speranze e ottimismo per raggiungere una pace giusta, affinchè i bambini di Palestina e Israele beneficino di un futuro stabile e prospero». «I palestinesi - ha concluso - si impegnano a lavorare con lui per elaborare un accordo di pace duraturo». Come già ribadito ieri, Trump ha chiaramente indicato come snodo della nuova situazione la disponibilità verso Israele, registrata a Riad, da parte dei paesi arabi sunniti e del «saggio re Salman». Con l’obiettivo - anche alla luce del nuovo attentato terroristico di Manchester compiuto, ha detto, da «malvagi perdenti» - di «creare una coalizione contro l’estremismo e la violenza».

«La pace - ha osservato nell’incontro con Abu Mazen facendo cenno all’istigazione da parte palestinese - non potrà mai metter radici in un ambiente dove la violenza è tollerata, finanziata e premiata». «La nostra società - ha aggiunto, allargando il discorso al terrorismo internazionale - non può avere tolleranza per il bagno di di sangue e la strage di gente innocente.

Nessuna madre o padre vuole far crescere i propri figli in un mondo dove il terrorismo scorrazza libero». E sui pericoli rappresentati per Israele dall’Iran (ma anche dall’Isis, Hezbollah e Hamas), Trump non si è tirato indietro: «Posso dirvi - ha incalzato prima di ricevere una standing ovation al Museo di Israele - che Teheran non avrà armi nucleari. Non con Donald J. Trump». «La mia amministrazione - ha proseguito guadagnando la seconda standing ovation - starà sempre con Israele».

«Questa è la mia promessa a voi», ha proseguito prendendo le distanze dall’era di Barack Obama.

Se ieri il Muro del Pianto è stato uno dei passaggi simbolici, oggi è toccato a Yad Vashem, il Mausoleo dello sterminio ebraico a Gerusalemme. Criticato nei giorni scorsi per la brevità della visita in programma e per alcuni suoi consiglieri in odore di negazionismo, Trump non ha esitato: «La Shoah è stata l’ora più buia della storia dell’umanità, il crimine più selvaggio contro Dio e i suoi figli. Mai più».

Ha quindi citato Elie Wiesel sul dovere «della testimonianza» ed ha reso omaggio a Yad Vashem, che rappresenta «lo spirito che non si può spezzare del popolo ebraico. Un popolo che, malgrado le persecuzioni, ha illuminato il mondo».

Se qualche commentatore sui media ha criticato l’uso, nella dedica apposta sul Libro d’onore del luogo, dell’aggettivo «amazing» per la visita al posto, tuttavia Trump sembra aver superato la prova di Yad Vashem. Poi nel pomeriggio, dopo la cerimonia del saluto con Netanyahu, il presidente Usa è salito sull’Air Force One con destinazione Roma e papa Francesco.

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