L’Italia diversa del futuro tra immigrati e formazione

La lettera al direttore

L’Italia diversa del futuro tra immigrati e formazione

Nei prossimi anni l’Italia dovrà attraversare i mari più impetuosi della propria storia tra onde tempestose, contrastando esodi biblici verso lo Stivale e garantendo contestualmente il pareggio di bilancio. Pochi lavoratori regolari multietnici attivi dovranno mantenere un oceano di pensionati. Da qui al 2065, secondo uno studio denominato “rapporto immigrazione e presenza straniera in Italia”, si registreranno 24,81 milioni di nascite di cittadini italiani, contro 34,8 milioni di decessi e gli immigrati contribuiranno alle nascite con 6,5 milioni di creature.

Se i dati dovessero essere confermati dalla realtà, nel 2065, per usare un eufemismo, gli italiani saranno per l’80% di carnagione chiara e religione cristiana e per il 20% di carnagione scura e altra fede religiosa. Perché dunque non cercare di attingere al meglio da questo variegato bacino, incentivando ognuno a emergere ove per caratteristiche genetiche, intellettuali o fisiche, può eccellere (scienza e sport)? Oggi l’Italia non tiene il passo nemmeno con il livello di istruzione dei Paesi emergenti, ove la matematica e le materie scientifiche sono campi di competizione e stimolo a migliorare tra gli studenti e dal punto di vista sportivo siamo abbondantemente dietro a Francia, Germania, Spagna e addirittura Svizzera che hanno valorizzato gli immigrati di seconda e terza generazione.

Sono necessari politici e tecnici preparati che occupino i ruoli apicali, ed è deleterio affidare compiti istituzionali al primo che passa per la strada, prerogativa del terzo polo politico italiano che oltretutto pur di mantenere la seggiola si vende a chiunque. L’alternativa è rimanere in fondo alla classifica. A tutt’oggi gli immigrati in Italia ammontano a 5 milioni e nel 2050 assommeranno 10 milioni di unità. Da qui al 2065, come si evince dalle statistiche sopra esposte, il saldo tra nascite e morti sarà negativo e ridurrà gli italiani di 11,5 milioni di persone. Per le coppie straniere sono previste 7,5 milioni di nascite di nuovi italiani. Nel 2065 i residenti in Italia saranno 61,3 milioni con un’età media di 49,7 anni e gli ultra sessantacinquenni saranno 20 milioni per una percentuale del 20%; i minori sotto i 14 anni saranno il 12,7% e la popolazione in età lavorativa il 54,5% pari a 33,5 milioni di contribuenti, salvo aumento smisurato dell’età lavorativa per compensare la diminuzione prevista del’11%. Tutti più giovani per decreto e abili al lavoro!

Con questa edificante prospettiva raddoppierà il cosiddetto indice di dipendenza degli anziani, cioè il rapporto tra la popolazione attiva e i pensionati, che salirà dall’attuale 30,9% al 59,4%. In sostanza avremo una popolazione multietnica e ringiovanita dai nuovi italiani, chissà se a sufficienza. Già oggi gli immigrati costituiscono una popolazione molto giovane, composta per il 20% da minori, per il 45% da persone al di sotto dei 29 anni e per il 30% da trenta/quarantaquattrenni, che producono 6 miliardi di gettito fiscale e 10,9 milioni di contributi previdenziali di cui usufruiranno in maniera assai marginale, in quanto utili da subito per mantenere gli italiani in pensione adesso. Tirando le somme i numeri paiono dare ragione al pragmatico presidente dell’Inps e smentire i populisti e demagogici leader dei Partiti di Centrodestra. Dunque si faccia accettare all’immigrato la nostra cultura (e non viceversa all’italiano la cultura degli ospiti), lo si integri e se ne valorizzino le qualità e magari nel 2065 avremo certamente un’Italia un poco più nera e meno cristiana, ma non i conti in profondo rosso, oppure un’Italia soltanto un poco più nera e meno Cristiana?

Gioacchino Caruso


 

Ci vuole un ministro per l’immigrazione

Al di là dei giudizi politici o delle interpretazioni suggestive, siamo di fronte a dati che gli esperti considerano pressoché certi: parlo degli “arrivi” - resi inevitabili, ma anche necessari dal fatto che in Italia non si fanno più figli e che noi evitiamo certi lavori - e parlo dell’invecchiamento della popolazione. Lei, giustamente, introduce anche il tema della formazione, tema che è stato sottovalutato un po’ da tutti i governi, negli ultimi anni. Tutti pronti a fare riforme della scuola, tutti poco attenti a chi le scuole le frequenta. Il punto è semplice: sappiamo con largo anticipo cosa succederà nei prossimi anni e dobbiamo intervenire per tempo per gestire tutto questo. Ma si preferisce demonizzare un singolo problema affinché affrontare il tema nel suo complesso. Io auspico, come hanno detto nei giorni scorsi Prodi e Sassoli, che nel governo che sta per nascere ci sia un ministro per l’immigrazione. È un primo, indispensabile passo per affrontare in modo diverso - con una forte integrazione col tema della scuola e col tema dell’assistenza agli anziani - questo tema.

a.faustini@ladige.it

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