Le "piazzano" materassi per oltre 6.000 euro Venditori a processo

Il venditore si è presentato alla sua porta facendole firmare un modulo dicendole che era per poter inviare le offerte promozionali del mobilificio per il quale lavorava. «Nulla di impegnativo», ha assicurato. Peccato che invece fosse un contratto vincolante e che alla fine la signora non abbia potuto recedere in quanto aveva acquistato un materasso lungo 191 centimetri, uno in più della misura standard.

Dunque un materasso su misura che, una volta ordinato, non poteva più essere restituito.

La vicenda, accaduta in un sobborgo di Trento e che ha come protagonista una casalinga di mezza età, è approdata ieri nelle aule di tribunale e vede imputati due agenti di commercio.

La vicenda risale all’estate 2016. Ieri in aula la donna ha raccontato di essere stata avvicinata da uno dei due agenti mentre si trovava nel giardino di casa. «Un chiacchierone - racconta - che mi chiese se la sua ditta poteva mandarmi materiale informativo con le offerte. Mi è sembrata una cosa buona e ho accettato».

La signora ha erroneamente firmato una carta senza leggerla e ben presto è stata chiamata a pagare le conseguenze. Poco tempo dopo, alla sua porta si è infatti presentato un secondo agente che le ha detto che quello che aveva firmato era un contratto che le impegnava a fare acquisti per quattro anni.

Di fronte alla disperazione della signora è stato trovato un altro accordo. La donna avrebbe potuto effettuare un unico acquisto: materassi e coperte per un valore di 6.230 euro da pagare con un finanziamento di 3.500 euro e il rimanente con assegni postdatati.

Dopo questo acquisto, sentendosi truffata, la donna si è presentata all’Associazione consumatori e qui le hanno fornito il modulo per recedere dal contratto: «Non è possibile - le ha però risposto la ditta - in quanto è stato ordinato un prodotto su misura».

Il materasso, infatti, misurava 191 e non 190 come prevedono le misure standard. Così l’ordine è andato avanti e anche se la donna non ha accettato il materiale che la ditta le voleva recapitare sono arrivate le prime richieste di pagamento. «Ho pagato il primo degli assegni mentre altri due sono stati bloccati e quindi protestati», ha spiegato in aula l’acquirente. Ieri sono stati sentiti anche gli investigatori che hanno effettuato le indagini e ai quali si è rivolta la donna per presentare denuncia (esiste poi anche una controdenuncia di uno dei venditori nei confronti della donna per calunnia).

Gli stessi hanno raccontato di aver accertato che a carico dei soggetti vi erano altre denunce simili, di persone che avevano firmato contratti di acquisto per migliaia di euro senza saperlo. Persone che in buona fede hanno creduto alle parole senza leggere le carte prima di apporre la firma. Ora il processo è stato rinviato a gennaio per la discussione.

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