Carcere devastato, gravi danni Già trasferiti i capi della rivolta

di Sergio Damiani

Una calma sinistra - speriamo non apparente - è tornata sul carcere di Trento all'indomani della rivolta che sabato ha coinvolto tra 200 e 300 detenuti. I segni della protesta, devastante, sono evidenti in cinque «bracci» su otto. Ci vorranno settimane, anzi mesi e molte risorse, difficili da trovare per il Dipartimento dell'amministrazione finanziaria, per rimettere tutto a posto. Intanto sono cominciati i trasferimenti, un po' perché alcune celle sono inagibili, un po' per collocare altrove i detenuti ritenuti gli organizzatori o comunque i «duri» della protesta. Sono una cinquantina di reclusi, quasi tutti di nazionalità tunisina, come il 32enne che con il suo suicidio ha dato fuoco alle polveri della protesta. 

La procura della Repubblica ha aperto due inchieste. Il primo fascicolo è relativo alla morte di Sabri El Abidi. Diciamo subito che non ci sono dubbi sul fatto che il giovane detenuto si sia tolto la vita per soffocamento. Ma in questi casi l'esame autoptico è necessario non solo per avere una conferma della dinamica, ma anche per valutare l'eventuale assunzione di sostanze stupefacenti. L'incarico è stato affidato alla dottoressa Alessandra De Salvia dell'Istituto di medicina legale del policlinico di Borgo Roma (Verona). Ieri sono stati eseguiti i primi accertamenti preliminari, oggi l'autopsia. 

Del 32enne tunisino sappiamo poco: era a Trento da un paio di anni per scontare un cumulo di pena per reati legati allo spaccio di stupefacenti disposto dalla procura generale di Venezia. Era un detenuto «problematico», arrivato con una lunga lista di sanzioni e richiami per una condotta turbolenta anche se a Trento, dove avrebbe commesso una sola infrazione, pare si fosse calmato. Sperava in uno sconto di pena che però, visto il suo «curriculum» penitenziario, difficilmente sarebbe stato pieno. Il fine pena per Sabri El Abidi era a maggio, ma il giovane - tossicodipendente come molti detenuti - a quella agognata data non è arrivato. Il secondo fascicolo riguarda la rivolta in carcere. La procura ha chiesto alla polizia penitenziaria una relazione dettagliata sui fatti. Le indagini sono già iniziate per avere un quadro esatto dei danneggiamenti (che riguardano il 60% della struttura) e per capire chi tra i detenuti abbia aizzato la protesta. 

Ieri sono iniziati i primi trasferimenti di detenuti. Sabato si era ipotizzato di ricollocare circa 180 persone in altri istituti di pena. Questi numeri sono stati ridimensionati anche perché i danni maggiori li hanno subiti le parti comuni (con plafoniere sradicate, sistemi di sorveglianza danneggiati, porte scardinate, termosifoni vandalizzati e zone allagate). Ora si ipotizza il trasferimento di un centinaio di detenuti che in parte già hanno lasciato il carcere di Trento. L'organizzazione è molto complessa e delicata, avvolta dal più stretto riserbo. Tutto questo è stato possibile grazie all'impegno della polizia peniteziaria, molti sono gli agenti rientrati dalle ferie per affrontare l'emergenza. 

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