Lavoratori Sait in sciopero: oggi è il quarto giorno Ma dall'azienda ancoira nessun segnale sull'integrativo

di Valentina Leone

Al terzo giorno di sciopero, tra i lavoratori del Sait iniziano a manifestarsi evidenti segni di stanchezza. L'adesione, che ieri mattina sembrava confermare il trend delle due giornate precedenti (70-80%), nel pomeriggio è stata poi stimata intorno al 60%: hanno tenuto duro i lavoratori della sede centrale di via Innsbruck, ma tra i dipendenti dei punti vendita in molti hanno deciso di tornare al lavoro. Nel capoluogo è rimasto chiuso solo il negozio di via Grazioli, mentre hanno riaperto Ravina e Piazza Lodron.

A Rovereto confermate invece due chiusure su tre, come nei giorni precedenti (Largo Nazario Sauro e via Mazzini). Numeri in calo, almeno a Trento, anche al consueto presidio: ieri i lavoratori presenti erano circa 60, meno della metà della prima astensione. Oggi sarà la quarta e ultima giornata, e la mobilitazione si sposterà interamente a Rovereto, davanti al punto vendita di viale Trento.

Resta lo zoccolo duro degli arrabbiati, ritrovatisi ieri mattina alle 8.30 davanti al negozio di Piazza Lodron. Qualcuno ha scioperato ma, anche per esigenze familiari, ha preferito rimanere a casa. «Mi dispiace perché c'è chi è rientrato e starà facendo i conti sui soldi persi per queste giornate, ma farebbe bene invece a farli quando non vedrà più 200 euro in busta paga tutti i mesi», commenta una lavoratrice di un punto vendita del capoluogo, amareggiata per il cedimento di alcuni colleghi. La partita, per i lavoratori, è consistente: Sait, a fine settembre, ha inviato la disdetta unilaterale del contratto integrativo, un accordo da 3.000 euro lordi annui per ciascun dipendente. La proposta dell'azienda è di legare questa somma al raggiungimento di una serie di obiettivi fissati, ma i sindacati non ci stanno e ritengono che questa sia una misura dietro alla quale si celano pesanti sforbiciate sugli stipendi. Sulla piattaforma di base il consorzio sembra inamovibile, e in nuovo incontro tenutosi l'altroieri e chiesto con urgenza da Filcams, Fisascat e Uiltucs, i vertici hanno respinto alcune proposte formulate dai sindacati. Le trattative si sono dunque arenate, e da qui la scelta di una nuova giornata di sciopero.

A esacerbare ancora di più gli animi, inoltre, alcune voci discordanti che sono circolate ieri tra i lavoratori riguardo le proposte formulate dall'azienda al tavolo di giovedì pomeriggio. «I vertici hanno messo in giro la voce che avremmo rifiutato di trattare tenendo un 50% fisso e un 50% variabile, però non specificano che sarebbe stata una soluzione temporanea, di un anno, per poi far entrare comunque a regime la loro piattaforma dall'1 gennaio 2020», spiegava ieri il sindacalista della Uiltucs Vassilios Bassios, visibilmente sconfortato per i cedimenti di molti lavoratori.

Dall'azienda, intanto, nessun segnale. Ieri pomeriggio il presidio si è spostato davanti al punto vendita di piazza General Cantore. Qualche manifestante, alla vista del direttore, ha urlato "siamo tutti pakistani", e c'era chi avrebbe voluto un confronto diretto, pubblico, riguardo la frase infelice sui lavoratori stranieri che il responsabile del negozio avrebbe pronunciato. Tra i lavoratori, intanto, c'è ancora spazio per le riflessioni: «Sono sposato e ho una figlia, ma mia moglie non lavora. Ogni mese porto a casa poco meno di 1.500 euro - racconta un lavoratore addetto al centralino - ma in questi soldi ci sono anche le detrazioni e l'assegno familiare. Non ho un'auto perché non me la potrei nemmeno permettere. Se da questa somma devo toglierci anche 200 euro come faccio?». Oggi i lavoratori si ritroveranno tutti a Rovereto, «e poi andiamo verso il prossimo incontro del 7 novembre - aggiunge il segretario della Fisascat Lamberto Avanzo - nel frattempo convocheremo un'assemblea per tutti i lavoratori di Sait, e solleciteremo sia l'incontro con il Cda che un intervento della presidenza di Federcoop. Anche ai politici, vista la presenza ai presidi, chiederemo una presa di posizione pubblica e concreta».

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