Sfregiò l'ex compagna, 41enne condannato per tentato omicidio

L’aveva sfregiata al volto e colpita all’avambraccio con una lametta e un coccio di bottiglia. Solo il coraggio della figlia, che era corsa a chiedere aiuto e l’intervento di un vicino, avevano evitato che accadesse il peggio. Ieri mattina l’uomo, un tunisino di 41 anni che era stato arrestato la mattina dopo l’aggressione dalla polizia, è stato condannato in rito abbreviato a sei anni di reclusione con l’accusa di tentato omicidio.

La donna si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Chiara Sattin, ma non ha formulato richieste risarcitorie, dal momento che non risulta ancora definito il quadro dei danni riportati. Il suo viso, purtroppo, rimarrà per sempre segnato, ma il timore è che anche l’occhio e l’orecchio possano avere riportato danni permanenti. E lo stesso vale per l’avambraccio. Dunque, la parte civile si riserva di presentare una richiesta risarcitoria in sede civile. Quanto alla difesa, sostenuta dall’avvocato Angelica Domenichelli, attende solo il deposito delle motivazioni per presentare appello: nega infatti che lo straniero volesse uccidere la donna.

La drammatica vicenda è successa il 4 febbraio scorso a Madonna Bianca. La vittima e il 41enne - C. B. le iniziali del nome - si erano sposati presso il consolato tunisino, ma il matrimonio non era mai stato registrato in Italia. La relazione, però, era arrivata al capolinea. Stanca delle scenate dell’uomo e della sua gelosia immotivata, ma anche delle violenze verbali, la donna aveva deciso di porre fine al rapporto.

E così, un paio di settimane prima, lo aveva allontanato da casa. L’incontro avvenuto la sera dell’aggressione non avrebbe segnato un riavvicinamento. Come la donna aveva spiegato, aveva appreso da persone vicine alla famiglia che l’ex compagno non aveva un posto in cui dormire: per questo gli aveva offerto ospitalità. Quella sera, invece, era scoppiata l’ennesima lite: l’uomo, ossessionato pare dall’idea che la donna avesse un altro compagno, l’aveva minacciata di morte e poi colpita più volte al volto. Prima con una lametta e poi con il vetro. «Ha spaccato una bottiglia e con il coccio di vetro mi ha sfregiato il viso e colpito al braccio. Se avesse continuato così mi avrebbe ucciso», il suo racconto.

La profonda lacerazione all’avambraccio - secondo gli inquirenti - testimoniava la volontà omicida dell’uomo, constrastata solo dalla disperata difesa della donna. Svegliata dal trambusto e dalle grida della madre, la figlioletta era uscita dalla stanza: impietrita di fronte all’aggressione, la bimba era poi riuscita a farsi forza e chiedere aiuto.

Un vicino aveva dato l’allarme verso le 23 e, intanto, l’aggressore si era dato alla fuga, ma la testimonianza della moglie e dei vicini aveva fatto scattare subito la caccia all’uomo. Dopo una lunga notte di ricerche, con l’area sud della città cinturata, la svolta. L’uomo, sentendosi ormai in trappola, era tornato indietro, presso la palazzina della donna, per nascondersi in cantina, ma era stato trovato dagli agenti della volante e bloccato con gli abiti ancora sporchi di sangue. Portato in questura, era
stato quindi sottoposto a fermo con l’accusa di tentato omicidio e lesioni gravissime.

Una ricostruzione va detto che la difesa contesta. L’avvocato Domenichelli, in aula, ha ribadito che le lesioni inferte non erano compatibili con una volontà omicida e che lo straniero aveva agito in predo ad uno scatto di ira, dopo una discussione degenerata, senza perà l’intenzione di uccidere la donna. Non solo. Sostiene che l’uomo abbia desistito dall’aggressione da solo, prima dell’intervento dei vicini. Una tesi che non ha convinto la giudice Claudia Miori che, accogliendo la richiesta del pm Davide Ognibene, ha condannato l’uomo a 6 anni.

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