Niente fecondazine eterologa, fa causa alla Provincia

La Provincia di Trento è praticamente l’unica del Nord Italia che non solo non si è attivata per la fecondazione eterologa, ma non rimborsa nemmeno le prestazioni alle coppie con problemi di fertilità che si rivolgono altrove per poter coronare il loro desiderio di avere dei figli.

Una di queste coppie ha deciso di fare causa alla Provincia perché i diritti sanciti dalla sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014, che ha cancellato il divieto di fecondazione eterologa (ovvero con donazione di gameti), sono rimasti fino ad ora solo sulla carta.
Ad assistere la coppia è l’avvocato Alexander Schuster, il cui primo pensiero è quello di tutelare i suoi clienti che hanno presentato ricorso. «In Trentino disconoscono questa prestazione medica e a differenza di quanto avviene in quasi tutte le Regioni italiane non viene riconosciuta nemmeno in mobilità.

Questo nonostante ci sia una pronuncia della Corte costituzionale, del Consiglio di Stato e del Tar di diverse regioni».
La coppia che ha deciso di fare ricorso fa da apripista a tante altre, che in questi mesi, in silenzio, hanno «subito» la decisione della Provincia di Trento. La giunta provinciale, infatti, ancora nel 2014, dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale, aveva deciso di aspettare l’introduzione dell’eterologa nei Lea nazionali, andando anche contro a quanto era stato deciso in sede di Conferenza delle Regioni. Le altre realtà italiane si erano messe all’opera per consentire ai propri cittadini di poter accedere anche a questo tipo di fecondazione, che nelle strutture private arriva a costare fino a 7 mila euro a ciclo.

Il Trentino no. Era stato molto prudente. Anche la Lombardia, che si era opposta al documento approvato dalla Conferenza delle regione e aveva confermato la scelta di far pagare per intero l’intervento, ora, anche alla luce di una sentenza del Consiglio di Stato, ha già annunciato una delibera ad hoc per far pagare ai pazienti solo il ticket.

«Il Trentino non copre e non rimborsa nulla, nemmeno ciò che già si offre alle coppie che ricorrono all’omologa: farmaci, visite di controllo e monitoraggi accessori - aveva scritto l’avvocato Schuster in un documento che aveva inviato come Laici del Trentino per ribadire la violazione della Costituzione da parte della Provincia - Giungiamo all’assurdo che, se qualcuno oggi in Trentino volesse genuinamente donare sperma o ovociti, di cui c’è un gran bisogno a livello internazionale e per i quali vi è un rischio di sfruttamento, non solo non potrebbe farlo, ma dovrebbe farsi carico dell’interezza dei costi di controllo, prelievo e crioconservazione».

Per quanto riguarda la Provincia di Bolzano, inizialmente erano state approvate le linee guida con le quali erano state recepite le indicazioni della Conferenza stato regioni e poi, a dicembre del 2016, è stata firmata una convenzione tra l’Asl di Bolzano e una struttura privata che garantirà anche alle coppie altoatesine la fecondazione eterologa.
Ad Arco, il primario Arne Luehwink, aveva aperto una lista di coppie in attesa per l’eterologa. Lista che però, con il passare dei mesi, rischia di essere inutile. La decisione del tribunale di Trento è attesa per le prossime settimane.

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