Torre Civica: la storia

Torre di piazza - Notizie storiche

La costruzione (ante seconda metà del XII secolo)

L’edificio fortificato, a pianta quadrangolare, con lato variabile tra i 7,60 e gli 8 metri, in questa prima fase presentava un’altezza fuori terra di m. 22,7 e uno spessore murario di circa 2 metri. La torre era conclusa da merli a sommità squadrata negli angoli con un rialzo murario esterno di m. 1,40 secondo le regole del sistema di difesa piombante o per caduta (ovvero l’utilizzo di qualunque corpo, sufficientemente pesante, che per effetto della gravità, scagliato dall’alto, diventava una temibile arma). L’edificio era di proprietà vescovile. Vi si accedeva attraverso una porticina sopraelevata ubicata sul prospetto sud; l’ingresso era protetto dalla corte con cinta muraria che collegava la torre al Palazzo vescovile.

La prima sopraelevazione (fine XII – inizio XIII secolo)

In questo arco cronologico si colloca la prima sopraelevazione della torre che passa da 22,7 a 30 metri d’altezza; l’edificio è ancora concluso da merli a sommità squadrata negli angoli. La porzione aggiunta presenta uno spessore murario inferiore al precedente (m. 1). La presenza sui lati sud e nord di due serie di fori pontai aperti fa pensare che la torre disponesse di una struttura lignea aggettante. La funzione difensiva dell’edificio viene ora rafforzata dall’apertura, al centro dei prospetti ovest ed est, di strette feritoie strombate verso l’interno, dalle quali è possibile orientare meglio il tiro e acquisire maggiore accuratezza nella mira. Nel 1224 viene menzionata per la prima volta la presenza di una campana, suonata per convocare in assemblea i cittadini: la torre inizia così a diventare un importante punto di riferimento per la collettività.

Il completamento (secolo XIV)

È nel corso del XIV secolo che la torre, sopraelevata di altri 15 metri, raggiunge l’attuale altezza (m. 45). Nella parte sommitale dell’edificio viene introdotto un importante elemento di architettura fortificata: un “apparato a sporgere” dal profilo della muratura perimetrale che si regge su un sistema a beccatelli, costituito da mensole in pietra e archetti in laterizio, concluso con una merlatura a scalare di coronamento, che il Dürer documenta un secolo più tardi (1494). Il prolungamento a sbalzo, verso l’esterno, del piano di calpestio della piattaforma di osservazione, forse protetta da una copertura in legno, consentiva di ricavare nel pavimento apposite aperture (caditoie) dalle quali effettuare il “tiro piombante”, restando al riparo del parapetto. Un documento del 1321, relativo alla nomina di un tal Giovanni come custode delle carceri, attesta la funzione ad uso detentivo della torre. Funzione confermata anche nei secoli successivi.

La valenza civica della Torre di Piazza (sec. XV)

Scarsamente ricordata nei documenti del XIV secolo, la torre riappare nelle fonti nei primi anni del Quattrocento quando ne è affidata l’amministrazione al comune cittadino. Nella sentenza emanata il 29 marzo 1427 dal vescovo di Trento Alessandro di Masovia, tra i vari obblighi ai quali erano tenuti i cittadini e le comunità della pretura, si ricordano anche le prestazioni richieste per i ripari della Torre di piazza, delle campane, e per l’ampliamento della piazza medesima.

La necessità di un tempo più esattamente misurabile, che regoli il vivere civile, aveva imposto ovunque la sostituzione delle imprecise e mutevoli meridiane con orologi meccanici. Al tempo della Chiesa, ritmato dai sacri uffici e dalle campane che li annunciano, si contrappone quello che lo storico francese Jacques Le Goff definisce il “tempo del mercante”, urbano e laico, scandito dall’orologio della torre. L’attestazione più antica della presenza di un orologio meccanico sulla Torre di Piazza risale al 1448 quando la sua regolazione viene affidata a un tal Bonazunta.

La valenza civica dell’edificio è rafforzata dalla presenza delle due campane, “della renga” (anche detta campana “della rexon”) e “della guardia” (o campana “delle hore”), rinnovate nel 1499 per volere dei consoli: venivano suonate l’una per convocare a raccolta i cittadini e il consiglio generale della città, l’altra per annunciare le adunanze del podestà, l’emanazione delle sentenze e per avvertire la popolazione in caso di incendio. Sulla campana detta “della guardia”, tuttora esistente, compare l’immagine del ‘Simonino’ con gli strumenti di tortura.

Al vescovo, che continua ad essere il proprietario della torre, compete la custodia dell’edificio e delle carceri. Nell’ultimo trentennio del Quattrocento il massaro vescovile registra spese per la costruzione di nuovi locali di detenzione, alcuni dei quali – ubicati in ambienti esterni alla torre – destinati alle donne: l’intervento comporterà una sostanziale modifica dell’assetto distributivo interno dell’edificio.

Le carceri

La Torre di piazza fu per secoli uno dei principali luoghi di detenzione della città di Trento. Tale funzione è attestata a partire dall’inizio del XIV secolo, quando le fonti documentarie iniziano a citare le carceri esistenti nel fondo della torre di piazza e la presenza di un custode, mansione che rimane di diretto controllo vescovile fino al XV secolo.

Nel medioevo l’incarcerazione poteva avvenire in conseguenza di infrazioni al diritto penale e a quello civile: la materia era regolamentata dagli statuti che, a Trento, risalgono alla prima metà del XIV secolo. Gli statuti indicano spesso i reati per i quali è prevista la pena detentiva, quasi sempre in sostituzione di una pena pecuniaria non assolta; con minor frequenza citano invece i luoghi di incarcerazione. Coloro che avessero commesso reato di ingiuria nei confronti degli ufficiali del comune e non potessero assolvere la pena pecuniaria comminata, ad esempio, dovevano scontare 15 giorni di reclusione “in fondo turis”. La pena pecuniaria per coloro che avessero procurato danni alle case provocando incendi variava da 10, 25 e 50 lire, commutate rispettivamente in 15 giorni, tre e sei mesi di detenzione.

Nei primi anni del XVI secolo, la custodia delle prigioni passa di competenza al comune di Trento, che già dal Quattrocento aveva in affidamento la gestione e manutenzione delle campane e dell'orologio della torre. L’utilizzo della torre per la custodia dei carcerati perdura anche dopo la secolarizzazione del Principato vescovile nel 1803, durante il periodo della reggenza italica e per larga parte dell’Ottocento sotto l’amministrazione austriaca.

L’orologio

I più antichi riferimenti documentari sulla presenza di un orologio sulla Torre di piazza risalgono al 1448 quando a un tal Bonazunta viene affidata la sua regolazione; costui però si dice impossibilitato ad assolvere l’incarico per le precarie condizioni della scala di accesso ai piani superiori. L'orologio a cui si allude, come larga parte degli orologi meccanici medievali, era costituito da un meccanismo che permetteva la battuta delle ore sulla campana grande della torre; prevedeva la battuta delle ore a sequenze prestabilite, calibrate sul ciclo naturale dei giorni. Poiché il tramonto varia a seconda delle stagioni era necessario provvedere periodicamente alla regolazione delle ore.

La manutenzione dell’orologio, ancora ai primi del Cinquecento, era affidata ad artigiani, di solito dei fabbri ferrai, che avevano abilità nella gestione e manutenzione delle attrezzature meccaniche. Non a caso l’incarico di regolamentazione dell’orologio era spesso associato a quello di manutenzione della stadera pubblica, ovvero del complesso sistema dei pesi utilizzati quotidianamente nel mercato cittadino.

Dai primi anni del XVI secolo la torre viene dotata di un nuovo orologio con l’indice delle ore, rinnovato per volere dei consoli nel febbraio del 1546: questo è probabilmente l’orologio che si vede rappresentato sulla torre nella pianta prospettica edita da Giacomo Andrea Vavassore nel 1572 e che ritroviamo riproposto nella pianta prospettica di Georg Braun e Franz Hogenberg del 1581, esposta in mostra.

Nel corso dei secoli il meccanismo dell’orologio ed i suoi quadranti sono sottoposti a continui interventi di manutenzione, riparazione e sostituzione, tra i quali ricordiamo l’installazione di un nuovo meccanismo nel gennaio del 1859 (in quell’occasione fu realizzato il terzo quadrante sul prospetto est) e l’introduzione di un moderno orologio con impianto elettrico di comando nel 1960. L’attuale meccanismo, rientrato in funzione dopo l’intervento di restauro, risale invece al 1970.

I restauri (2009 – 2011)

Gli interventi sulle superfici esterne ed interne sono stati condotti con l’obiettivo di salvaguardare le tracce morfologico-stratigrafiche presenti, procedendo ad un recupero della struttura della torre compatibile con le sue caratteristiche architettoniche, ma al tempo stesso conforme alle norme di sicurezza vigenti. I prospetti esterni sono stati oggetto di interventi di pulitura del paramento lapideo, previa asportazione manuale di depositi e materiali vari, di rimozione selezionata di stuccature e riprese di intonaco particolarmente decoeso e distaccato dal supporto e l’azione di preconsolidamento localizzato per evitare ulteriori perdite; queste operazioni sono state concluse con il miglioramento e la reintegrazione dei giunti di malta assenti sulla struttura muraria.

La Torre di piazza è stata inoltre sottoposta a un intervento di miglioramento del comportamento globale della struttura con la posa di tiranti interni a livello degli impalcati e delle volte, a cui si è affiancata un’operazione di verifica dell’estradosso delle volte in seguito allo smontaggio dei pavimenti in legno, la pulizia della superficie, la sigillatura delle eventuali lesioni e la posa di materiale alleggerito su cui riposizionare il pavimento restaurato.

Gli interventi di consolidamento puntuale sui solai in legno hanno privilegiato la conservazione delle strutture esistenti, affiancando e/o sostituendo le sole parti ammalorate. Sono stati realizzati nuovi collegamenti di distribuzione interna e migliorati quelli esistenti. Gli elementi architettonici connotati in pietra calcarea (aperture, portoncini,…) sono stati restaurati ed in alcuni casi rinforzati strutturalmente mediante perniature. Tutte le porte e i portoncini in legno sono stati restaurati, mentre i serramenti sono stati in parte restaurati e, ove assenti, realizzati ex novo. I lavori sulla copertura al 12° livello hanno riguardato la rimozione del piano in laminato di rame con relativa struttura sottostante in legno sotto il quale è stata rinvenuta l’ultima pavimentazione storica in lastre di pietra calcarea rossa di grandi dimensioni ed in buono stato di conservazione che, pertanto, è stata recuperata. Particolare attenzione è stata posta anche al tamponamento dei fori pontai per preservare le colonie di rondone e di altre specie, che proprio qui trovano ospitalità, conservando e realizzando un certo numero di nicchie utili alla loro nidificazione. 

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