Arrivati nella notte a Catania i sopravvissuti del naufragio

Sono arrivati nella notte, al porto di Catania, i superstiti del tragico naufragio al largo delle coste libiche che fra sabato e domenica ha causato 800 vittime, secondo le ultime stime dell'agenzia Onu Unhcr. La nave Gregoretti, della guardia costiera, con a bordo 27 dei 28 superstiti, è stata accolta sulla banchina del molo etneo il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, in rappresentanza del governo.

«Fermati i due scafisti dell'imbarcazione affondata. Si tratta del comandante, tunisino, e di un suo assistente, siriano», afferma in una dichiarazione il ministro dell'interno Angelino Alfano. Sono accusati di omicidio colposo plurimo, naufragio e favoreggiamento d'immigrazione clandestina. I due, ha spiegato il procuratore di Catania Giovanni Salvi, sono stati indicati dai sopravvissuti che erano a bordo della nave Gregoretti e riconosciuti anche dal giovane del Bangladesh ricoverato in ospedale a Catania a cui sono state mostrate delle fotografie.

Aggrappati ai morti per non finire a fondo: si sono salvati così due dei 28 sopravvissuti alla strage di due giorni fa al largo della Libia, secondo quanto si apprende dai soccorritori che li hanno recuperati, i due annaspavano in mezzo ai cadaveri, urlando con le ultime forze per attirare i gommoni che perlustravano la zona.
I soccorritori sono arrivati nella zona dove si è capovolto il barcone a notte fonda e immediatamente hanno iniziato le ricerche a bordo dei gommoni. «Durante le ricerche in mare dei cadaveri - raccontano - abbiamo trovato due persone vive in mezzo ai morti. Erano allo stremo delle forze, hanno urlato con le loro ultime forze perché hanno sentito il rumore del motore e siamo riusciti ad individuarli e a salvarli. Non avrebbero resistito ancora a lungo».

Frattanto, aumentano le polemiche sulla chiusura dell'operazione di ricerca e salvataggio di naufraghi, anche in acque internazionali, Mare Nostrum, decisa l'autunno scorso dal governo Renzi, dopo un anno di funzionamento (la varò il governo Letta dopo la tragedia che il 3 ottobre 2013 che fece 366 morti). A questa missione della marina militare italiana, cancellata dopo un anno di continue proteste di alcuni gruppi parlamentari, specie la Lega Nord, è subentrata l'operazione Triton, affidata al'agenzia europea Frontex, ma in questo caso si tratta di pattugliamento - non di ricerca e salvataggio - e con un numero dimezzato di navi (di stazza inferiore), solo entro le trenta miglia dalle coste italiane: per questo ora si vedono operazioni di soccorso affidate agli equipaggi di pescherecci, con esiti purtroppo tragici e un bilancio dei morti che nel 2015 è già tragicamente più alto rispetto all'anno precedente.

Il governo italiano, difendendo nell'ottobre scorso la decisione di chiudere Mare Nostrum aveva sottolineato, da un lato l'importanza del risparmio economico per Roma (9 milioni di euro al mese), dall'altro l'efficacia comunque garantita dall'operazione europea Triton (per la quale la Ue di milioni ne spende solo tre). Ma le organizzazioni umanitarie, che fin da subito avevano chiesto un passo indietro prevedendo i rischi mortali rappresentati dalla chiusura di Mare Nostrum, oggi ribadiscono che questo sistema non funziona e che così le vittime in mare si moltiplicano: solo nei primi quattro mesi scarsi del 2015 queste cifre tragiche si sarebbero quasi decuplicate rispetto al 2014.

Molte Ong chiedono l'introduzione di un regime diverso per il rilascio di pass umanitari che consentano partenze legali da Paesi vicini alle aree di conflitto da cui le persone fuggono: in questo modo si sottrarrebbero dalle mani dei mercanti di esseri umani. E naturalmente si chiede che l'Europa si faccia finalmente carico della problematica distribuendo le responsabilità fra tutti e 28 i Paesi, come ha ribadito ieri anche il governo italiano chiedendo un salto di qualità alla Ue. Il premier Renzi, peraltor, ha ipotizzato un'azione per impedire le partenze, ma non ha precisato quale tipo di dispositivo vorrebbe concretamente mettere in atto per fermare le persone in fuga dai conflitti (Libia, Siria, Iraq, Yemen, Nigeria). Non va infine dimenticato che a fronte delle centinaia di migliaia di profughi che cercano di raggiungere l'Europa, altri milioni trovano accoglienza nei Paesi limitrofi, come la Tunisia o la Giordania, il Libano o la Turchia.

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