Sentenza della Cassazione su Grisenti, tutto rinviato alla prossima settimana

di Sergio Damiani

Silvano Grisenti può continuare a sperare. Dopo il processo di ieri in Cassazione, il quinto della serie nel procedimento sull'inchiesta «Giano Bifronte», ha qualche motivo in più per coltivare l'ottimismo. Ieri a Roma il procuratore generale ha in parte accolto le tesi della difesa, chiedendo di cassare la condanna per il reato di corruzione inflitta dalla Corte d'appello di Bolzano nel marzo dell'anno scorso. Per sapere quale orientamento prenderanno i giudici della Suprema corte occorre attendere ancora qualche giorno. Ieri, contrariamente alla prassi, i giudici non hanno concluso la camera di consiglio. Poco prima delle 21 agli avvocati Vanni Ceola e Alessandro Melchionda, che hanno difeso Grisenti in questa lunghissima battaglia giudiziaria, è arrivata comunicazione che il dispositivo della sentenza, come per tutti i procedimenti discussi ieri di fronte alla Seconda sezione penale, sarà letto il 9 di marzo. Insomma l'imputato dovrà attendere ancora qualche giorno per conoscere la sentenza e con essa il suo futuro politico. Se la condanna per corruzione dovesse essere cassata, in questo caso è probabile con rinvio di fronte a nuova Corte d'appello, le conseguenze non sarebbero solo penali. Verrebbe anche meno la sospensione dal Consiglio provinciale scattata, sulla base della legge Severino, dopo la condanna per corruzione. In questo senso l'eventuale passaggio in giudicato delle condanne per truffa (cioè per le tre cene di partito pagate con carta di credito dell'A22) e la tentata violenza privata (per le minacce a Giorgio Benedetti della Ccc di non presentare ricorso al Tar per i lavori della Cispadana) non comporterebbero la sospensione.


L'attenzione quindi si concentra soprattutto sul reato di corruzione. L'ipotesi accusatoria è che Grisenti abbia fatto assegnare alla Collini lavori dell'A22 (in particolare la variante al casello di S. Michele per ottenere la certificazione energetica), ottenendo in cambio dall'imprenditore Fabrizio Collini (poi scomparso) lavori di progettazione per l'Arca Engineering srl di cui il fratello Giuseppe Grisenti era socio. La difesa contesta questa ricostruzione, ribattendo che la lettura più corretta dei fatti l'avesse data il giudice di primo grado, Carlo Ancona, che aveva assolto Grisenti. Secondo i legali per riformare quel primo giudizio i giudici d'appello avrebbero dovuto superare tutti gli argomenti logici e giuridici di quella sentenza con una nuova e complessiva valutazione dei fatti, ma tutto ciò non sarebbe stato fatto né dalla Corte d'appello di Trento, né nel successivo giudizio di fronte alla sezione di Bolzano. Di qui la richiesta di cassare la condanna per corruzione.


Gli avvocati Ceola e Melchionda chiedono di cancellare anche le condanne per truffa e violenza privata. Secondo il procuratore generale la truffa è ormai una condanna consolidata e intangibile. I difensori invece continuano a coltivare un'eccezione di legittimità costituzionale in relazione al fatto che la condanna per questo capo di imputazione si basava anche su intercettazioni che però non sono consentite per il reato di truffa. Quanto alla tentata violenza privata la difesa chiede di annullare la condanna perché Grisenti avrebbe agito esclusivamente nell'interesse dell'A22, cioè di una società privata, inoltre non ci sarebbe stata minaccia come sarebbe confermato dal tono colloquiale delle conversazioni intercettate.Per capire se e quali di questi argomenti abbiano fatto breccia occorre attendere il 9 marzo. Intanto «il Griso» accarezza l'idea di tornare in consiglio, magari anche con una condanna sulle spalle per truffa, ma senza l'ignominia della corruzione.

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