Scuola, se l'anzianità conta più della bravura

Ancora una volta la scuola italiana è la vittima preferita di una politica irresponsabile e miope. Mercoledì scorso è stato approvato il decreto che autorizza l'avvio dei Tirocini Formativi Speciali (TFA) per i futuri insegnanti. Questa mossa elettorale, la cui gravità è sfuggita all'attenzione generale, rivela, molto più dei post accattivanti su Twitter, dei comizi in piazza e delle interviste frenetiche che occupano tutti gli schermi delle TV nazionali, quale sia il vero interesse di queste elezioni: acchiappare voti e non migliorare le istituzioni

di Federica Ricci Garotti

Ancora una volta la scuola italiana è la vittima preferita di una politica irresponsabile e miope. Mercoledì scorso è stato approvato il decreto che autorizza l'avvio dei Tirocini Formativi Speciali (TFA) per i futuri insegnanti. Questa mossa elettorale, la cui gravità è sfuggita all'attenzione generale, rivela, molto più dei post accattivanti su Twitter, dei comizi in piazza e delle interviste frenetiche che occupano tutti gli schermi delle TV nazionali, quale sia il vero interesse di queste elezioni: acchiappare voti e non migliorare le istituzioni. Uno degli ambiti nevralgici della comunità, ovvero la qualità dell'istruzione pubblica, la cui responsabilità sociale è enorme poiché si tratta di formare cittadini consapevoli, onesti e competenti, viene ridotta con questo decreto a puro bacino di consenso. In un battito d'ali vengono contraddette le virtù cui tutti dichiarano di aspirare: un'istruzione di qualità, una scuola del merito e della giustizia sociale. Il TFA speciale, infatti, è una macchina enorme che si affianca a ciò che già esiste, ovvero il Tirocinio Formativo Attivo che l'Ateneo di Trento ha attivato per primo sul territorio nazionale, con dispendio di energie e professionalità, con una differenza assai significativa: a questo nuovo TFA speciale accedono tutti, ma proprio tutti, gli insegnanti che hanno maturato 360 giorni continuativi di servizio senza passare per nessun tipo di selezione. I docenti che stanno frequentando adesso il TFA «regolare» hanno invece superato ben tre fasi di selezione pubblica: una nazionale e due locali, condotte, queste ultime, da commissioni d'Ateneo che hanno lavorato con il principio di consegnare alla scuola gli insegnanti più preparati e migliori, ancorché giovani e motivati. Quale è invece il principio del TFA speciale? Uno solo: l'anzianità. Chi è più vecchio, chi ha prestato servizio più a lungo è automaticamente ammesso a seguire un blando corso di formazione, senza alcuna pre-selezione. In pratica, se un insegnante di tedesco non ha superato le selezioni del TFA regolare perché, magari, il tedesco non lo sa, o non lo sa abbastanza per insegnarlo, può adesso accedere alla formazione e ottenere l'abilitazione, alla pari di coloro che invece la selezione l'hanno superata. Basterebbe questa profonda ingiustizia a provocare indignazione in quanti credono che la scuola non sia un bacino lavorativo per disperati che non sanno cosa fare da grandi, ma c'è di più. Gli attuali fruitori del TFA regolare, quelli che sono stati duramente selezionati, stanno seguendo una formazione completa e cospicua, con 144 ore di lezioni e 475 ore di tirocinio nelle scuole, mentre ai nuovi TFA speciali non vengono richieste le 475 ore di tirocinio nelle scuole, poiché, come ha dichiarato la funzionaria Stellacci del Ministero «queste persone il tirocinio lo hanno già fatto». Entrambe le categorie, anche se non a parità di condizioni, come si vede, otterranno alla fine il medesimo titolo, ovvero saranno abilitati, chi grazie alle proprie competenze e chi invece grazie alla propria anzianità. Il Ministero dimostra dunque di seguire nello stesso anno scolastico due linee di principio opposte l'una all'altra: secondo la prima valgono, per diventare insegnante, competenza, competitività e merito; secondo la seconda valgono invece anzianità ed esperienza. Una delle poche convinzioni che ho maturato nella vita è che l'esperienza, nelle professioni intellettuali, conti non più del 10%.  Il resto lo fanno la serietà, la professionalità, lo studio, la ricerca, l'energia e la motivazione. Evidentemente il Ministero italiano, che dovrebbe avere le idee più chiare delle mie, si dibatte furiosamente tra queste due impostazioni e, per non ferire l'orgoglio di nessuno, le sposa entrambe, nella consuetudine politica italica per la quale il saper scegliere in base alle proprie convinzioni, anche impopolari, non conta niente di fronte alla popolarità data dalla non scelta, alla faccia dello Stato etico.
Ai genitori, che non sapranno mai se l'insegnante dei propri figli appartiene alla prima o alla seconda categoria, auguro solo buona fortuna. E ai sindacati, che riceveranno un'impennata di iscrizioni in base alle scelte che faranno di schierarsi coi diritti dell'una o dell'altra parte, auguro buon lavoro. Agli studenti, le vere vittime di queste operazioni, auguro di ricevere insegnanti preparati ed equilibrati e, se non fosse così, di ribellarsi apertamente.
Federica Ricci Garotti
Docente di Lingua e Linguistica Tedesca all'Università di Trento

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