Stava, memoria che urla

Raccolte cento testimonianze sulla tragedia. Un pugno di ragazzi ha sentito parenti, soccorritori, sopravvissuti: cinque anni di lavoro, per capire. Nessuno sapeva che lassù c’era il pericolo. «Ma c’era chi doveva vigilare, difendere la comunità»

TRENTO - «È vero, non sapevamo nulla del pericolo che stava lassù. E poi abbiamo vissuto questa coscienza come una colpa. Eppure, a ripensarci, avevamo il diritto di non saperne nulla, perché c'era chi aveva la responsabilità di vigilare sulla nostra sicurezza. C'era chi ha mancato». Le parole sono di Graziano Lucchi , presidente della Fondazione Stava 1985, che in quella tragedia epocale per il Trentino perse i due genitori. La risposta, al volo, gli è venuta dal giudice Carlo Ancona del Tribunale di Trento: «Perché questo avrebbe voluto la democrazia». E allora, il nuovo archivio fatto di 100 registrazioni video-sonore a testimoni di quel tragico fatto, sarà un archivio della democrazia trentina. In divenire. S
ono quattro ragazzi, laureati, di Tesero a presentare il lavoro loro e di altri cinque coetanei, presso la sede dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. I loro nomi sono Massimo Cristel, Alessia Mich, Silvia Vinante e Francesca Dondio . Un lavoro partito nel maggio 2005 e proseguito sino al novembre del 2008. Voluto dalla Fondazione Stava 1985 e dal Museo Storico in Trento (oggi organizzato pure in Fondazione), con finanziamenti di Provincia, Regione e Fondazione Cassa di Risparmio.
Il risultato di questo lavoro di «ricostruttori della memoria» è costituito da 85 ore di registrazione, 101 interviste con 106 testimoni: 5.092 minuti di immagini e di parole di gente di Tesero, di Fiemme, del Trentino e di altre parti d'Italia che ha sfiorato la tragedia, o che ha perduto parenti o, anche, che ha partecipato ai soccorsi, quel 19 luglio del 1985, poco dopo il mezzogiorno, quando i bacini di decantazione di Prestaval hanno lasciato fiondare a valle migliaia di tonnellate di fango ed acqua, provocando la morte di 268 persone, tra nativi e turisti. Ricordi di com'era Stava prima, «una bellezza virgiliana» dice una turista. Segherie, alberghi, masi. Di quale fosse la coscienza del pericolo incombente tra nativi e turisti: «Non sapevamo», «non sapevamo», «non sapevamo». Era deciso tutto altrove, sulla testa della gente. Poi il dramma, rapido e improvviso: il rumore assordante, quindi il silenzio surreale e quell'odore acre dei prodotti usati nei bacini di decantazione. «Una carica di bisonti», «un silenzio assoluto e impressionante» e « noi disón l'odor de Stava ». Ma c'è anche chi... «stavo guardando una signora appoggiata al muro dell'albergo, un vestito rosa. Ho visto il fango venire giù e lei non c'era già più». Poi i soccorritori: «Ho sentito lamenti, un corpo immobile. Era una delle pochissime sopravvissute». Quindi l'eccesso di solidarietà, tutti che volevano fare qualcosa quando il più l'aveva fatto il fango, la morte. La morte, certo. «Siamo venuti su in macchina. Ho perduto due figli ma la radio ci aveva già fatto intuire che c'era poco da fare». E anche chi, da Tesero, ricorda di aver perduto la moglie, una figlia, tre figli. E la sua vita che si è spezzata del tutto. Poi la ripresa, la ricostruzione. E i parenti delle vittime che si accorsero come i nativi volessero rimuovere la tragedia. Per dolore? Per ripartire? Per cercare di recuperare l'immagine complessiva della valle?
Il materiale raccolto sarà classificato, archiviato, preparato per essere fruito da studiosi e interessati. «Stavolta la documentazione storica - afferma orgoglioso il direttore della Fondazione Museo Storico, Giuseppe Ferrandi - è stato raccolto tempestivamente». Un grande e importante lavoro di raccolta di testimonianze a cui, dice il direttore, seguirà una campagna di acquisizione di interviste giornalistiche del tempo, filmati, oggetti. Affinché quel dramma, che fu un dramma della democrazia trentina, della mancanza di controlli, di informazione, di «glasnost», non si ripeta. Né qui né, possibilmente, altrove. Un progetto assolutamente lodevole, un archivio preziosissimo e ben fatto (sono stati proiettati ieri molti spezzoni di quelle interviste). Che va certo completato. Con una attenzione: va fissato un limite (di tempo o di materiale raccolto) per evitare la speculazione «dell'anniversario», del pianto rituale, della rimembranza a fini politico-consolatorio. Per concentrarsi invece sui risultati di questa raccolta di testimonianze, elaborarle, studiarle, raccoglierne il senso e divulgarle. Il più presto possibile. Ben prima di altre, speriamo solo eventuali, Stava.
Renzo Maria Grosselli

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