Latte Trento taglia i prezzi Allevatori in ginocchio

di Giorgia Cardini

È un pozzo senza fondo e senza rete di salvataggio, quello in cui stanno cadendo i produttori di latte trentini.

Il Consiglio di amministrazione di Latte Trento (cooperativa che conta 320 soci produttori) ha deciso, giovedì sera, di abbassare l’acconto liquidato ai propri allevatori di 3 centesimi al litro, a partire dalle consegne di marzo, che saranno pagate il 30 aprile: il nuovo prezzo è di 30 centesimi al litro invece di 33 centesimi, al netto di Iva ed eventuali premi di qualità. Al lordo, si passa da circa 40 a 36,5 centesimi: e, anche se si tratta di un acconto e dunque il saldo (normalmente più alto) si avrà solo a bilancio 2016 chiuso, è un prezzo che fa rima con chiusura, delle stalle e delle aziende.

Una batosta, che cancella le pallide speranze suscitate dieci giorni fa dallo stanziamento di 10 milioni di euro da parte della Provincia per un piano di aiuti al settore, in allarme da molti mesi ma ancora di più da quando, in gennaio, la valsuganotta Casearia Monti Trentini spa che fa capo alla famiglia Finco ha abbassato da 34 a 32 centesimi netti al litro il prezzo liquidato ai propri 90 conferitori.
A confermare il drastico calo dell’acconto è Sergio Paoli, direttore di Latte Trento (nella foto), che aggiunge: «Non solo abbiamo deciso di abbassare l’acconto il prezzo, ma abbiamo deciso di inserire di nuovo le quote perché abbiamo aumentato troppo la produzione».

Cosa è successo, Paoli?

«Il valore della panna sul mercato si è dimezzato, quello del burro pure, il siero non vale più nulla. È calata anche la vendita del latte tanto che in questi giorni abbiamo dovuto calare il prezzo del prodotto al consumatore di 11 centesimi, incassando di fatto 80 centesimi al litro, perché poi ci sono da tenere in conto i ricarichi operati dalla distribuzione. Facciamo fatica e non possiamo fare più finta di nulla, gli ultimi due mesi sono stati drammatici».

Ma i costi di produzione non sono calati...

«No e con questi prezzi i produttori non ce la faranno ad andare avanti. In Veneto di sono 600 stalle che stanno per chiudere ma lo stesso avverrà qui. Anche l’aiuto combinato del governo, della Provincia e della Ue si può tradurre al massimo in 2 centesimi al litro che non faranno la differenza, in questo contesto. Se il latte non viene pagato ai produttori almeno 50 centesimi al litro lordi, non si compensano i costi, che vanno dall’alimentazione dei capi al rinnovo delle attrezzature agli stipendi, alla manodopera».

Come se ne esce, se una soluzione c’è?

«Producendo meno e producendo latte di alta qualità, rifiutando il modello della Pianura Padana ma anche degli Stati che stanno facendo saltare il mercato. Per questo abbiamo reintrodotto le quote, chiedendo a chi ha molti capi di ridurli, per calare la produzione e gli esuberi».

Fino a qualche settimana fa lei diceva che sareste riusciti a garantire ancora 50 centesimi lordi al litro.

«Chiuderemo il bilancio 2015 a giorni, l’anno scorso abbiamo pagato 42 centesimi lordi di acconto e ora vedremo cosa avanza in più. Ma per il 2016 sono preoccupatissimo perché tutti gli elementi ci portano a ritenere che ci sarà un notevole ribasso».

In questo contesto appare ancora più necessario muoversi velocemente sul fronte della promozione di un marchio forte?

«Assolutamente. Rivolgiamo un appello forte alla Provincia e a Trentino Marketing perché si arrivi in fretta a una strategia di comunicazione che valorizzi il prodotto e il territorio. Una sinergia necessaria per aumentare anche la sensibilità dei trentini nei confronti dei loro prodotti. Con questi prezzi le stalle sono più deboli e non possono reggere: non fatecele chiudere».

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