Riforma delle Bcc e ipotesi spa Le coop all'attacco del governo

di Francesco Terreri

Parte il nuovo gruppo unico nazionale del credito cooperativo ma scoppia la bufera sulla «via di fuga» prevista nel decreto banche del governo: la possibilità per le Bcc che non aderiscono al gruppo di trasformarsi in società per azioni portandosi dietro il patrimonio indivisibile, salvo pagare il 20% di imposta sostitutiva. Possono farlo solo Casse rurali che abbiano almeno 200 milioni di euro di patrimonio, in Trentino per ora nessuna. Inoltre la norma sarebbe stata inserita per evitare problemi di costituzionalità dell'obbligo ad aderire al gruppo.

Nonostante questo, lo scontro è di principio: il governo ammette la possibilità di vendere un patrimonio accumulato da generazioni, attacca la Cooperazione. Federcasse esprime preoccupazione, Confcooperative è molto più dura: è una «violenza istituzionale» dice il vicepresidente Maurizio Ottolini che «ci riporta agli anni bui del fascismo».

«Sul gruppo il governo sembra avere più o meno seguito la proposta di autoriforma - afferma il presidente della Federazione trentina e di Cassa Centrale Giorgio Fracalossi, ieri a Roma per il consiglio nazionale Federcasse - Quello che ha cambiato le carte in tavola e che ci preoccupa parecchio è invece la possibilità per le Bcc che non aderiscono al gruppo di trasformarsi in spa senza restituire il patrimonio indivisibile ai fondi mutualistici. A determinate condizioni quindi - sottolinea Fracalossi - possono cadere sia il vincolo di obbligatorietà di adesione al gruppo che il principio cardine di una cooperativa, ovvero l'indivisibilità delle riserve».

Pare che in Consiglio dei ministri ci sia stata discussione su gruppo e «paracadute d'uscita». Le pressioni sarebbero arrivate soprattutto dalla Toscana, dove ci sono alcune delle Bcc non intenzionate ad aderire al gruppo nazionale come il gruppo Cabel e Chianti Banca. Con loro la Banca di Bologna, la Cassa Padana e forse qualcuno al Sud. Sono una decina le Bcc sopra la soglia dei 200 milioni.

«C'è il rischio che escano le più grandi - prosegue Fracalossi - o che si scateni un'ondata di fusioni a questo scopo. Sembra che il problema invece che costruire sia come scappare». Le uscite potrebbero riguardare fino a 2-3 miliardi di patrimonio sui 20 circa complessivi delle Bcc.

In Trentino tuttavia la possibilità che qualche Cassa rurale decida di trasformarsi in spa è remota, soprattutto perché nessuna ad oggi raggiunge i 200 milioni di patrimonio e anche con le fusioni la soglia sarebbe raggiunta da Trento con Aldeno e Cadine (217 milioni) ma non, ad esempio, dall'aggregazione a quattro dell'Alta Valsugana (180 milioni).

Il decreto banche comunque è ancora in fase di limatura e le dure reazioni arrivate dal mondo cooperativo potrebbero farlo modificare in corsa. «Il provvedimento passa adesso al vaglio del Parlamento - afferma il presidente di Federcasse Alessandro Azzi - Ci auguriamo che in quella sede sia discusso approfonditamente e migliorato, per evitare che la riforma raggiunga obiettivi diversi da quelli che si poneva in origine».

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