Il travolgente Balkan-techno-punk dei Morigi, un concerto scatenante

Poche volte capita di vedere un concerto che spiazza, travolge, fa innamorare e offre qualcosa di veramente originale. Intendiamoci: a Trento venerdì scorso a Trento c’erano altri due buoni eventi musicali in altrettanti locali (i favolosi «Mad Medulla» al Posta, i «Revenants» al bar Chisté di via Brennero). Ma alla Bookique in San Martino è atterrata un’astronave guidata da tre alieni con la missione di farci ballare. I «Morigi», un trio asciutto che propugna il «Balkan-techno-punk».

«Morigi» è un progetto che nasce da un idea di Gabriele Roccato, già frontman e fondatore della Babbutzi Orkestar. La voglia è quella di uscire dagli schemi, e portare la musica Balkanica verso frontiere ancora inesplorate. Il punto di partenza per questo viaggio è una domanda: «che cos’è la Techno Balkan?»

La risposta è arrivata dall’incontro con Antonio Polidoro (batteria, già Pashmak, Younger & Better) e Manfredi Borsetti (loop registrati, pc music, dei Nobu Lab). Il trio, riunitosi per la prima volta nel 2014, ha aperto i cassetti di Gabriele, trovando dei brani che avrebbero potuto sperimentare le loro più spericolate immaginazioni techno-punk.

Come dice la loro presentazione, «Sinth dopo sinth, chicabum dopo chicabum, lentamente le tracce hanno iniziato a prendere forma e soprattutto vita. I risultati sono andati oltre quella risposta che i tre cercavano, trovando una dimensione a tutti estranea, un buco nero in un orbita inesplorata, un satellite impazzito dalle intenzioni folli, suoni che curano i sensi e guastano l’anima».

In realtà la cosa è molto più semplice: un batterista senz atom e tutto rullante a battere un tempo di polka levantina, aggiunto ad un manipolatore di basi da fanfara balcanica, e infine un cantante-chitarrista con attitudine alla prosodia turkmena (ma una Fender micidiale nell’ululare in stile simil-oud). Alla fine, quello che conta - fra testi surreali con parole probabilmente inventate a metà fra inglese e slavo - è che ci mettono l’anima ed è impossibile non muovere le gambe.

Alla Bookique una folla di giovani universitari, ben disposti a sudare e dimenarsi. Pane per i denti di Gabriele Roccato che per un’ora e mezza no nsmette di dimenarsi, di saltare, di alzare le braccia al cielo salmodiando. Dentro c’è un minestrone strano ma appetitoso: si canta in serbo ma si saluta citando Zagreb (cioè il diavolo e l’acqua santa, nell’ordine che volete voi), e intanto il synth pompa un umpa-umpa da «Gatto nero, gatto bianco».

Alla fine, Morigi vince su tutta la linea: gruppo perfetto da balera e da Festa dell’Unità, ma con un background intellettuale che pesca dai Cccp come dalla Kocani. Un po’ di techno c’era, il punk non pervenuto (ma fa audience citarlo nel depliant). Tanta roba, serata persino gratuita, e peccato per chi se l’è persa. (G. Z.)

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