Dunk: il supergruppo rock fa tappa il 7 aprile a Rovereto

di Fabio De Santi

Farà tappa anche in Trentino, sabato 7 aprile allo SmartLab di Rovereto per un evento organizzato in collaboarazione con Sideout, il tour dei Dunk legato alla presentazione dell’omonimo disco d’esordio, pubblicato da Woodworm Label. I Dunk sono i fratelli Ettore e Marco Giuradei, protagonisti del mondo indie bresciano, Luca Ferrari dei Verdena e Carmelo Pipitone dei Marta sui Tubi e O.R.K. Il loro debutto ha preso le forme di disco robusto, viscerale, tormentato e visionario. Al centro, l’eterna lotta tra l’uomo e la sua coscienza, l’amore maniacale per le cose che non potrà mai avere, i dubbi sulla vita e sulla sua importanza. Ce lo racconta proprio Ettore Giuradei, che prima dei Dunk era rimasto assente dalle scene musicali dal 2015, in questa intervista.

Giuradei, come ha preso forma la creatura Dunk?

«Tutto si è sviluppato in maniera casuale come, in fondo, le cose più belle anche nella musica. Io e mio fratello Marco abbiamo incontrato Luca Ferrari dei Verdena a Bergamo durante un live targato Giuradei. Da li abbiamo incominciato a tenere della jam session e a rafforzare la nostra amicizia».

Poi avete deciso di uscire allo scoperto.

«Sì, avevamo diversi pezzi pronti conditi dalle mie liriche e nell’aprile dello scorso anno abbiamo suonato per la prima volta in occasione del decennale della Latteria Molloy di Brescia. Nonostante l’ottima accoglienza sentivamo che mancava qualcosa e così ho chiesto al chitarrista dei Marta sui Tubi, una band che adoro, di aggiungersi a noi e di lavorare ad ulteriori pezzi».

C’è chi parla già di super gruppo.

«Di super non c’è nulla – sorride Ettore Giuradi –  anche se i nomi di Verdena e Marta sui Tubi creano suggestioni. Speriamo di essere quattro musicisti capaci di trasmettere emozioni e di coinvolgere chi ci ascolta».

Questi non sono tempi di etichette ma come definirebbe la musica dei Dunk?

«Mi va benissimo il termine di rock band nelle diverse sfumature che può assumere questo termine».

Cosa vuole raccontare nei testi il vostro album di debutto: ho letto che  fra le sue ispirazioni c’è anche quella di Carmelo Bene.

«Ho scritto i brani del disco nello spazio di un paio d’anni di vita e fra gli argomenti c’è anche quello legato al tema del doppio e di una certa inadeguatezza dell’esistere. Leggo molto e mi piace assorbire come nel caso di Bene, a cui guardano le liriche del pezzo “Noi non siamo” o di Antonin Artaud».

Come vi ponete on stage?

«Il live è la parte più bella di questo progetto quella che rappresenta al meglio i Dunk. Suoneremo il nostro “esiguo” repertorio perché è di un album che si sta parlando ma ci saranno diverse invenzioni con le quali abbiamo voluto arricchire questo viaggio. Fra queste posso anticipare anche una nostra cover dei Radiohead che abbiamo proposto la scorsa estate in occasione dell’evento celebrativo per i vent’anno del disco “Ok Computer”».

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