I mondi paralleli di Felidae Trick

I mondi paralleli di Felidae Trick

di Fabio De Santi

È affidata a Omer Lichtenstein, in arte Felidae Trick , originario di Tel Aviv ma da tempo residente a Berlino, l'apertura della rassegna Musiche dell'altro mondo proposta da stasera alla Bookique, ore 21 . 
Il progetto «Felidae Trick» nasce in Isreale nel 2011 per trovare nuova linfa in Germania dove Omer, accompagnato anche da Peter Walsh (già al lavoro con Simple Minds e Peter Gabriel) ha realizzato un cd. Da allora la band ha lavorato con produttori del calibro di Zare Pak (Siddharta) e Ralf Goldkind (Die Fantastischen Vier), con canzoni intimiste, tra indie, rock e new wave e testi che affrontano le tematiche più disparate, dal desiderio di diventare una figura culturale di riferimento in tempi difficili, all'amore e ai sentimenti che lo circondano. In questa occasione, come ci racconta il musicista israeliano in questa intervista, presenteranno il loro nuovo ep
Omer, inizierei da questo tuo nuovo lavoro «Working Hard»: questo titolo cosa delinea e di cosa parlano i testi ?
«La canzone "Still Burning" si riferisce alla nostra generazione, quella in cui ognuno sente di avere un sogno, essere una persona importante e di realizzarsi. D'altra parte, la vita va avanti, e in molte occasioni quel tipo di stato d'animo non ti permette di vivere a pieno. Il titolo "Working Hard" viene proprio da questo brano ed è lì a sottolineare ciò che potrebbe apparire il lavoro come una perdita di tempo, invece di vivere a pieno la nostra vita».
Dal punto di vista sonoro come definiresti la tua musica?
«Credo sia difficile spiegarlo con le parole e con le etichette però nei miei pezzi si trovano elementi di new wave, indierock e musica araba». 
Quali sono allora i tuoi miti musicali?
Sono cresciuto con i Cure (gruppo darkwave inglese, ndr) e le canzoni di Robert Smith che è uno dei miei idoli, insieme a John Lennon. Da bambino ho studiato pianoforte classico, e questo, ovviamente, mi ha influenzato molto».
Parlaci dei tuoi live, come ti poni on stage?
«Sul palco siamo in cinque: basso, batteria, due chitarristi e io che canto e suono le tastiere. Nei live le cose sono diventate un po' più sciolte e ho lasciato che le influenze orientali entrassero. Vogliamo che il prossimo album esprima proprio quello spirito "live" che segna le nostre esibizioni».
Cosa pensi della situazione nella tua terra sempre cosi difficile: credi che si arriverà mai ad una convivenza di pace con il popolo palestinese?
«Naturalmente, in tempi difficili come questi il pessimismo aumenta e la pace sembra più lontana rispetto a prima. Alla fine credo però che ci sarà pace. Però mi chiedo: quanto sangue si sarà sparso fino ad allora? Solo Dio lo sa. Ma proprio per questo, sono ancora più triste. Perché io sto pensando: perché non averla adesso, la pace, sapendo che l'avremo sicuramente in futuro?».
Hai lavorato con un produttore come Peter Walsh: che esperienza è stata?
«Walsh è stato perfetto ed ho imparato molto da lui. Era la mia prima esperienza musicale fuori da Israele, quindi ha avuto un grande significato per me».
Stai già pensando ad un nuovo album?
«Sì. Ed è sempre strano per me come musicista, perché la maggior parte delle canzoni che suono live, non sono quelle su cui sto lavorando, quindi mi pare sempre di muovermi in mondi paralleli». 

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