Visible Cloacks: il duo di Portland venerdì sera a Rovereto

Una pluralità di linguaggi, un'elettronica hi-tech che aggiorna il concetto di "Fourth World Music" nato dalle sperimentazioe di Jon Hassell e Brian Eno negli anni Ottanta e che dal vivo prende la forma di una vera e propria esperienza immersiva e multisensoriale. E' quella usata dalla formazione statunitense dei Visible Cloacks che domani sera, venerdì 26 alle 21, all'Auditorium Melotti di Rovereto aprirà la nuoca stagione della rassegna Musica Macchina proposta dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara e dedicata alla ricerca sonora sperimentale, con un orecchio di riguardo per i linguaggi della musica elettronica contemporanea. Attraverso una serie di otto appuntamenti Musica Macchina, curata quest'anno da Marco Segabinazzi, prosegue e accentua la linea del dialogo tra il passato più recente della ricerca musicale e le più innovative realtà dell'attuale scena (non solo) elettronica internazionale.

Fra le definizioni date al sound dei Visible Cloacks duo composto da Spencer Doran e Ryan Carlile, di Portlanregon) c'è anche quella decisamente curopsa di "musica ambient del futuro passato". Certo è che con il loro mix di stili musicali e riferimenti estetici apparentemente distanti, i Visible Cloaks rappresentano una delle novità più affascinanti comparse sulla scena elettronica degli ultimi anni. L'album "Reassemblage" e l'Ep "Lex", usciti nel 2017 per la label statunitense Rvng Intl. (che conta uscite di Holly Herndon, Julia Holter e Craig Leon), hanno visto Doran e Carlile filtrare attraverso uno sguardo nitido e iperrealista l'influenza di un certo ambient-pop giapponese anni '80 (un nome, su tutti quello di Ryuichi Sakamoto) e una sensibilità per i suoni "naturali" della strumentazione acustica tradizionale, replicati tramite l'uso di strumenti virtuali. Quello dei Visible Cloaks è un approccio disinvolto che si orienta tra naturale e digitale, progresso tecnologico e tradizione, sintetico e organico, passato e futuro, mettendone in discussione confini anche grazie ai visual curati dalla digital artist Brenna Murphy.

 

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