Google cambia i mercati pubblicitari digitali, arriva l'alternativa ai cookies, che mette in allarme gli editori digitali (e vi "profila" senza che possiate bloccarla)

BRUXELLES -  La decisione di Google di smettere di vendere le inserzioni pubblicitarie sulla base della navigazione degli utenti sui vari siti e di perfezionare un nuovo modello, chiamato Privacy Sandbox, "influenzerà il mercato pubblicitario e sconvolgerà il modello di business della stampa digitale", oltre a consentire al colosso dei motori di ricerca di "espandere ulteriormente il proprio monopolio dei dati".

E' quanto denunciano gli editori europei, esprimendo "seria preoccupazione" in seguito all'annuncio fatto da Mountain View questa settimana. "Un cambiamento così radicale non deve essere deciso da un gigante tecnologico privato", avvertono le associazioni degli editori Ue (Enpa ed Emma), appellandosi ai legislatori Ue affinché, con il disegno di legge sui mercati digitali presentata a dicembre (Digital Services Act-Digital Markets Act), agiscano "per limitare il potere discrezionale delle piattaforme gatekeeper, salvaguardare la concorrenza leale e la sostenibilità della stampa in Europa". 

Che cos'è Privacy Sandbox e come funziona

Il nuovo software di Google - Privacy Sandbox - è nato secondo la compagnia americana per garantire un’adeguata tutela della privacy agli utenti consentendo al tempo stesso agli editori di collaborare con gli inserzionisti per finanziare la loro attività. Secondo Google l’intento è quello di agire su due fronti: da sé apportando cambiamenti a Chrome e fianco a fianco con gli altri attori del mondo online per la definizione di nuovi standard condivisi.

"Per noi la privacy è una priorità, in tutto ciò che facciamo. Così oggi annunciamo una nuova iniziativa per sviluppare un set di standard aperti che fondamentalmente miglioreranno la privacy sul Web. L’abbiamo chiamata Privacy Sandbox" è la presentazione.

Secondo il gruppo di Mountain View, i browser che bloccano completamente i cookie non costituiscono la migliore delle soluzioni. Così facendo si va a inficiare la dinamica che regola l’erogazione di campagne pubblicitarie mirate sul Web, con ripercussioni sul business di chi crea e pubblica risorse. Di conseguenza, sul lungo periodo, quegli stessi utenti che hanno attuato la pratica si vedranno impossibilitati ad accedere a contenuti puntuali e di qualità.

La mancata creazione dei cookie ha inoltre spinto sviluppatori e webmaster a cercare alternative e workaround per identificare chi visita le loro pagine o si collega alle loro piattaforme, percorrendo talvolta la via del fingerprinting. Nonostante il nome, non c’entra la lettura delle impronte digitali: si tratta della raccolta di informazioni come il tipo di dispositivo impiegato durante la navigazione, la risoluzione dello schermo e persino i font installati così da ottenere una sorta di impronta univoca dell’utente, che al contrario di quanto avviene con i cookie non può in alcun modo essere controllata né eliminata. Insomma: non sdono più i cookies (che ormai moltissimi utenti bloccano), ma l'algoritmo invisibile a dare una "fotografia" dell'utente-cliente.

Google propone dunque di consentire agli utenti di mantenere le informazioni che li riguardano in locale, pur fornendo ai servizi online alcuni dati in forma aggregata (ma non controllabili né oscurabili) necessari per erogare pubblicità in linea con le loro preferenze.

Lo scopo è quindi aggirare il blocco dei cookies, e lanciare Sandbox in cui le informazioni degli utenti vengono elaborate nei circuiti di advertising; il tutto erogare inserzioni dello stesso tipo a gruppi di utenti con interessi simili anziché a una singola persona; la rivoluzione - di cui Google avrebbe il monopolio total - consentirebbe anche in modo equivalente, di misurare l’efficacia delle campagne analizzando dati riguardanti interi gruppi e non specifici individui ed offrire sia agli editori sia agli inserzionisti (ma esclusivamente con fornitura Google) gli strumenti necessari per le campagne di pubblicità digitale. 

L'effetto secondario: tutti i fornitori di pubblicità online verrebbero "sorpassati". E gli utenti fornirebbero il loro profilo commerciale senza averne piùà il controllo.

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