Le donne non hanno potere perché non lo vogliono

Ieri in Aula Kessler la professoressa Francesca Gino, accompagnata dalla scrittrice Silvia Ballestra, ha tenuto una conferenza dedicata alle differenze di genere nel mondo del lavoro e alle ambizioni di potere femminili, o meglio alla loro carenza. La reazione del pubblico, però, ha dimostrato che la questione non è ancora risolta.

Non è facile misurare il successo di un dibattito. Si possono contare gli sbadigli o viceversa gli applausi, ma ogni singolo spettatore avrà portato a casa qualcosa di differente, positivo o negativo. Nell’incontro, però, è stato facile capire quanto la relazione di Francesca Gino e Silvia Ballestra sia interessata: dopo l’ultima parola della relatrice si sono alzate decine di mani, che rappresentavano la voglia di chiedere, confrontarsi, interagire, discutere, anche confutare o criticare le tesi espresse. D’altra parte l’argomento era quantomai attuale e interessante: il ruolo delle donne nella società moderna. Questo è l'oggetto di quindici anni di ricerca, condotti da Francesca Gino: studentessa dell'ateneo Trentino, la Gino è da quindici anni insegnante e ricercatrice presso la Businness School di Harvard. Vanta un curriculum denso e ricco, e nel 2013 ha pubblicato “La scelta giusta”, un libro che riflette sugli elementi fuorvianti e disfunzionali che intervengono nei nostri processi decisionali: una serie di considerazioni che, alle motivazioni economico-sociali del nostro agire quotidiano, intersecano quelle psicologico-incoscie. La conferenza che la professoressa ha tenuto ieri a Trento è stata la prima in lingua italiana dal 2001: la padronanza della propria lingua materna è ancora impeccabile, anzi la sonora s della parola dimensioni durante la sua esposizione tradisce anche la sua trentinità originaria, e solo sulla traduzione del verbo inglese line in, farsi avanti, esita e lì esita anche il pubblico. Come mai?

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Affrontare il tema della condizione femminile, soprattutto se si parla di fare carriera, è sempre molto difficile. Questo emerge dalle opinioni di  alcune giovani spettatrici all’incontro: un aspetto che viene sottolineato è come il continuo affrontare degli studi di genere, il pericolo di soffermarsi sulle caratteristiche del ruolo femminile nella storia passata, distolga l’attenzione da quello che sta succedendo oggi e da quello che si potrebbe fare in futuro.

Già si scorgono le perplessità che seguiranno la conferenza nelle parole introduttive della scrittrice e giornalista Silvia Ballestra, che nel presentare la professoressa ed i suoi studi alla platea, numerosa e diversificata per sesso ed età, pur dimostrando stima e rispetto per la causa e per la sua trattazione, si dimostra personalmente dubbiosa rispetto a quanto anticipato dal programma dell'incontro, dove è scritto nero su bianco che le ambizioni femminili di potere sono inferiori rispetto a quelle maschili: le cose stanno davvero così? E' un dubbio che resta anche a fine incontro. Riassumendo e semplificando i dati raccolti, tramite sondaggio online, evidenziano secondo la professoressa Gino un'assenza da parte delle donne di reale desiderio di potere: in altre parole, le donne non hanno potere perché non lo vogliono. E qui arriviamo al line in:  «E' stato dimostrato – dice – che i contesti lavorativi misti in cui sono gli uomini a fare un passo indietro sono più proficui di quelli in cui sono invece le donne a line in, a farsi avanti».  Le donne, a differenza degli uomini, hanno obiettivi da raggiungere nella vita più variegati, che comprendono anche il fare carriera, il raggiungere una posizione di potere, – dalla Gino inteso come la potenzialità di influenzare la scelta altrui – ma allo stesso tempo mantengono nei confronti di questa ambizione una connaturata focalizzazione sugli aspetti negativi che l'avanzamento di carriera comporta. Si riferisce qui alle reazioni e alle conseguenze che una donna, posta in una posizione di potere, comporta, agli altri e soprattutto a sé stessa. Perché se c'è un aspetto che risulta lampante dalle parole della ricercatrice è che spesso, troppo spesso, è la quantità e la profondità di iperpensiero femminile a sabotarne il successo: croce e delizia questa prerogativa intellettuale. Nel collettivo pregiudizio culturale fare carriera implica aggressività, un sana dose di cinismo, qualità queste che risultano essere più proprie degli uomini e meno delle donne.

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La Ballestra solleva l'obiezione: forse in America le cose stanno così, ma la realtà dei fatti in Italia ci porta a supporre che il potere lo vogliamo eccome, ma questo ci è impedito. Comincia qui il dibattito: le tante mani alzate a porre domande, alcune anche molto pertinenti e insidiose, manifestano che i dati, seppur precisi e scientificamente puntuali, vengono percepiti come un punto di partenza e non come un punto di arrivo. Rassicura tutti la professoressa Gino: gli studi continueranno.  La bellezza di dover porre fine al profluvio di domande rimane e colpisce: chi compone questo pubblico ha già superato il paradigma culturale che vuole la donna a casa presto la sera per fare da cena alla famigliola, evidentemente – per le obiezioni  che muove – ha già preso le distanze da un tale stato di cose, rivolge lo sguardo al futuro e lo fa in modo critico e ponderato.

Alcune domande sono tecniche e riguardano le metodologie di ricerca applicate dalla relatrice ed il suo staff, ma molte altre hanno un taglio più antropologico e sociale, finanche psicologico: siamo di fronte ad un nuovo tipo di potere oggigiorno, meno improntato su aggressività e cinismo, ma più umano e sociale? La donna è capace di avere un atteggiamento nuovo rispetto allo stereotipo desueto che la vorrebbe o remissiva casalinga o feroce business woman? E' congruo parlare di donne che line in e uomini che fanno un passo indietro? Gli studi di genere paralizzano l'evoluzione della società o aiutano a incentivare la collaborazione egualitaria tra sessi? Dubbi, domande e obiezioni. L'assioma della donna senza potere perché non lo vuole, evidentemente, al pubblico non va giù.

La professoressa Gino si è trovata di fronte a tanta mole di domande e nessuno la invidia, perché – lo ribadiamo – l'argomento non è affatto semplice e ancor meno lo è essere l'autorità in merito ad una conferenza. A maggior ragione quando si parla di dati americani, targati Harvard, ovvero non plus ultra in campo di ricerca, a donne e uomini italiani, che sui quotidiani di ieri, giusto per fare un esempio, leggono della debacle sorta intorno al rettore della Sapienza, che premia  ad un concorso di bellezza miss Università di persona. Il dibattito in aula Kessler è acceso e non si vorrebbe interrompere nemmeno quando la Gino ricorda che nei fatti «La perfetta uguaglianza non la vuole raggiungere nessuno» Siamo sicuri? I tempi stringono ed il Festival dell'Economia deve proseguire, ma l'energia dialettica vista nella facoltà di Sociologia fa supporre che l'uomo comune, che la donna comune, in merito abbiano molto da domandarsi e da dire nel nostro Paese e che i dati sull'attuale stato di cose non bastino più: continuiamo a indagare, continuiamo a studiare, ma soprattutto continuiamo a migliorare. Lo chiedono tutte quelle braccia alzate che vogliono porre domande.

di Lucia Rosanna Gambuzzi

Studentessa universitaria che partecipa all'iniziativa Adige/Vodafone

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