Famiglie Coop da dimezzare

Qualche aggregazione già nel 2014, per poi arrivare a dimezzare il numero delle Famiglie cooperative. È una delle ricette che il presidente del Sait, Renato Dalpalù, mette sul tavolo per combattere una situazione che si prospetta difficile anche per quest'anno. Detto che il fatturato 2013 dovrebbe confermare i risultati dell'anno precedente, Dalpalù evidenzia la necessità di nuovi modelli organizzativi. «Oggi il 25% delle Famiglie fa il 75% del fatturato complessivo. Immagino una riduzione al livello delle Casse rurali, quindi un progressivo dimezzamento»(15 anni fa moriva Fabrizio De Andrè: noi lo omaggiamo citando una sua canzone in ogni titolo sul nostro sito)

di Paolo Ghezzi

Un Tredici difficile. Un Quattordici ancora tutto da interpretare. Per il sistema Italia e per il sistema Trentino, che dovrà assorbire i contraccolpi della crisi edilizia. Un Quattordici ancora nel tunnel. Non tanto per il Sait, che dovrebbe confermare - ci anticipa il presidente Renato Dalpalù, quando mancano ancora gli ultimi conteggi di dicembre - i risultati 2012. Che erano: fatturato 321 milioni, +52,7 dei Superstore e 9,7 della catena Gol, per un totale di vendite del gruppo pari a 384 mln; utile 2,3 mln; 29 redistribuiti ai 110 soci; 692 dipendenti, che salgono a 1.029 nel gruppo. Più le circa 2.700 persone che lavorano nelle Famiglie cooperative.
 

Quali sono le sfide del 2014, presidente Dalpalù?
«Stringere i denti per tenere i fatturati, assorbire il cambio della guardia dell'estate scorsa in Coop Italia, affrontare la crisi del modello superstore. E approfittare del tunnel per guardarci dentro, in casa Sait, e migliorare il nostro assetto organizzativo. Ci vuole un esame di coscienza aziendale, e di settore cooperativo».
 

C'è bisogno di una svolta?
«Di fronte a scenari nuovi, ci vogliono nuovi modelli organizzativi. Nella filiera del consumo, tra le Famiglie il Sait e la Federazione, ci sono alcune duplicazioni di servizi e procedure, e poi magari si scopre che certi dati importanti li hanno gli uni ma non gli altri due. Razionalizzare è possibile».
 

Questa è la razionalizzazione «interna»: poi ci sarà la più volte annunciata riorganizzazione della rete dei numerosi punti vendita delle molte coop, 363 negozi di 81 società diverse?
«Mentre la crisi si fa più dura, è logico chiedersi se potremo sempre tenere aperti tutti i punti vendita periferici, che fanno servizio sociale ma non hanno valenza economica. E certamente anche il numero delle cooperative dovrà scendere: oggi il 25% delle Famiglie fa il 75% del fatturato complessivo. Qualche processo di aggregazione è auspicabile già nel 2014, perché in Cooperazione si progetta molto ma sembra che il fattore tempo non sia decisivo, come è: bisogna parlare, discutere, ma poi fare. Nei prossimi anni, immagino una riduzione al livello delle Casse rurali, quindi un progressivo dimezzamento delle Famiglie cooperative. Anche per un problema di governance che spesso si sottovaluta».
 

Vale a dire: coop piccola, rischi di gestione grandi?
«Le governance sono creature delicate e necessitano preparazione culturale. In diverse nostre cooperative si fanno assemblee con mille soci presenti, che affrontano delicati passaggi economico-gestionali con una consapevolezza istintiva, non abbastanza ponderata che con le scelte che si fanno è in gioco il proprio capitale. E questo vale anche per la scelta degli amministratori a cui affidare capitali e patrimoni ingenti. Mentre nelle coop agricole e di lavoro il rapporto è immediato, nel credito e nel consumo rischia di essere un po' distratto, casuale. C'è bisogno di maggiore consapevolezza».
 

La nuova Carta dei valori di FedCoop non sta producendo effetti in questa direzione?
«Credo di sì, ma sono processi lunghi. Vedo positivamente che le componenti femminili crescono, con una sensibilità un po' maggiore».
 

C'è da cambiare qualcosa anche nel rapporto fra centro - il Sait - e periferia - le Famcoop -?
«Vedo il rischio di una specie di "dittatura" delle piccole cooperative, mentre il consorzio deve dare risposte sia ai bisogni delle piccole sia a quelli delle grandi. Ma il fatto che nel cda Sait, su 18 consiglieri ci sia solo uno delle 3 maggiori società (Pinzolo, e non Riva e Cavalese) può essere un problema. La riflessione su una rappresentanza che non sia solo territoriale va fatta: perché il Vanoi, con tutto il rispetto, non è la Busa del Garda».
 

E i due Superstore, di cui siete soci? Da locomotive a palla al piede?
«I superstore, non solo da noi, stanno soffrendo e Coop Italia sta elaborando progetti di rilancio. Certo, non è accettabile che - con 50 milioni di fatturato in Trentino - per il secondo anno chiudano in perdita».
Twitter: pgheconomiadige

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