Musica / Intervista

Raf: «Canto la vita e ciò che sono diventato nel corso del tempo»

Il cantautore pugliese parla alla vigilia dell'attesa esibizione di domenica 21 maggio all’Auditorium di Trento, mentre è in arrivo il nuovo album. «Le canzoni che mi emozionano di più nei live? 'Self control' che, seppur anomala nel mio repertorio, rimane il più grosso successo in inglese. Poi 'Infinito', con cui chiudo tutti i miei concerti»

di Fabio De Santi

TRENTO. Ritorna a Trento di Raf, atteso domenica 21 maggio all’Auditorium Santa Chiara per il live del suo "La mia casa tour 2023", nel concerto organizzato dalla Showtime Agency.

Il cantautore pugliese che dagli anni ’80, quelli del suo primo grande successo, “Self control”, ad oggi non ha mai perso la sua energia pop è pronto, come ci racconta in questa intervista, a portare i fan “nella sua casa” in un live sospeso fra passato, presente e il futuro legato ad un nuovo album di cui proporrà qualche assaggio.

Raf, cosa racchiude il titolo che ha scelto per questo tour: “La mia casa”?

«E’ il titolo di una serie di cose, non solo del tour ma anche di un libro e di un album. E’ un concept più che una sigla. Ovviamente nel libro c’è lo spazio per spiegare tutto ma in poche parole la mia casa è la mia vita, i miei viaggi, le mie vicende personali che mi hanno portato ad essere quello che sono oggi ma allo stesso tempo è anche un pensiero alla casa di tutti noi».

Il nostro pianeta?

«Sì, questa povera, bellissima terra, che sarebbe degna di maggiore attenzione. Io sono un uomo fortunato che posso osservare e parlare di quello che ritengo opportuno attraverso la musica ma c’è molta gente che coi ritmi frenetici di oggi è presa dai propri problemi quotidiani e finisce per trascurare i problemi enormi che incombono su ognuno di noi come il cambiamento del clima che ci porterà a mettere in pericolo l’esistenza stessa della razza umana se non riusciamo a trovare una soluzione a breve termine».

Che live si deve attendere il pubblico trentino?

«Per forza di cose questo live deve comprendere anche i brani storici che mi hanno fatto conoscere al grande pubblico ma inserirò anche canzoni meno famose che sono all'interno dei miei vari album. Brani che per chi li ha ascoltati bene vogliono dire tanto anche se non hanno avuto la fortuna di essere state promosse come singoli. Poi ci sarà spazio anche per un paio di inediti che faranno parte del mio album che dovrebbe uscire dopo l’estate».

Quanto l’ha influenzata la produzione inglese negli anni ottanta?

«La lingua inglese è fondamentale per me ancora oggi. Quando scrivo dei brani, anche se in italiano, li penso prima in una sorta di inglese maccheronico anche se le frasi non hanno un senso compiuto. Serve per avere subito un suono associato alla melodia e l’inglese che è pieno di parole tronche ti aiuta tanto in questo. L’impresa dopo è cercare di mantenere lo stesso ritmo e lo stesso suono con l’italiano e davvero non facile. Oltretutto poi l’italiano richiede un maggior impegno per quel che riguarda i concetti, vista la tradizione dei grandi cantautori italiani che abbiano avuto. Oggi ti perdonano un po’ di più ma qualche anno fa delle semplici canzoni d’amore anche se ben scritte erano criticate perchè troppo semplici e banali».

Quali artisti l’ hanno più influenzata?

«Gli italiani sono arrivati dopo, ho iniziato di buttarmi a capofitto nella musica grazie a un film dei Beatles in bianco e nero che ho visto sulla rai negli anni sessanta. Ricordo di aver pensato che stavo vedendo gli extraterrestri. Via via si sono susseguiti tanti ascolti, di ogni genere: dai Pink Floyd a Jimi Hendrix, poi c’è stata l’epoca del rock fino al punk e alla new wave e io ne ho fatto parte. David Bowie ha significato molto per me».

Quali canzoni la emozionano di più quando le propone nella dimensione live?

«Partirei con Self control che, seppur anomala nel mio repertorio, rimane il più grosso successo in inglese. Poi direi “Infinito” con cui chiudo tutti i miei concerti che è completamente diversa da Self control».

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